La maschera per il viso imposta dalle autorità politiche italiane contro il Covid-19 è diventata, negli Stati Uniti, molto di più di un presidio medico. È un simbolo di responsabilità civile per Nancy Pelosi, la speaker democratica della Camera dei rappresentanti statunitense, mentre per i repubblicani è il simbolo di uno Stato invadente e irrispettoso delle libertà individuali. Il presidente Donald Trump ha di recente visitato una fabbrica in Arizona e ha rifiutato di indossare una maschera, così come il suo vice Mike Pence non l'ha messa in Minnesota. Un recente sondaggio The Associated Press-Norc Center for Public Affairs Research indica il 76% dei democratici inclini a indossare la maschera quando escono di casa contro il 59% dei repubblicani. Politico argomenta che la maschera è "in linea con chi ha una visione collettivistica del mondo, opposta a chi crede nell'individualismo". La conduttrice televisiva di destra, Laura Ingraham, considera le maschere coem un "tentativo di controllo sociale su larghe fette della popolazione". E' una questione che dovremmo valutare attentamente anche qui in Italia. E' vero che, la mascherina è, in linea generale, uno strumento medico per tutelare la salute. Però, nell'insistenza del governo presieduto da Giuseppe Conte, del PD, del Movimento Cinque Stelle c'è un eccesso di fanatismo. Hanno diviso la popolazione italiana in "bravi" (quelli che indossano sempre e comunque le maschere) e "cattivi" (quelli che non le indossano). Puntando, magari, a porre le basi per instaurare in Italia un sistema illiberale di società e di stato, sul modello di quelli comunisti cinesi. Gli italiani dovrebbero fare capire a questi fanatici della mascherina, scrivendoglielo sui social networks, che, se mettono misure di sicurezza scarsamente rispettose delle libertà individuali e frenanti della ripresa economica (saremmo curiosi di conoscere chi è che andrà in un ristorante per una cena romantica bardato con guanti e mascherina, come in una camera operatoria?), non verranno rivoltati.

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lunedì 18 maggio 2020
No alle mascherine: sono il simbolo del controllo sociale
La maschera per il viso imposta dalle autorità politiche italiane contro il Covid-19 è diventata, negli Stati Uniti, molto di più di un presidio medico. È un simbolo di responsabilità civile per Nancy Pelosi, la speaker democratica della Camera dei rappresentanti statunitense, mentre per i repubblicani è il simbolo di uno Stato invadente e irrispettoso delle libertà individuali. Il presidente Donald Trump ha di recente visitato una fabbrica in Arizona e ha rifiutato di indossare una maschera, così come il suo vice Mike Pence non l'ha messa in Minnesota. Un recente sondaggio The Associated Press-Norc Center for Public Affairs Research indica il 76% dei democratici inclini a indossare la maschera quando escono di casa contro il 59% dei repubblicani. Politico argomenta che la maschera è "in linea con chi ha una visione collettivistica del mondo, opposta a chi crede nell'individualismo". La conduttrice televisiva di destra, Laura Ingraham, considera le maschere coem un "tentativo di controllo sociale su larghe fette della popolazione". E' una questione che dovremmo valutare attentamente anche qui in Italia. E' vero che, la mascherina è, in linea generale, uno strumento medico per tutelare la salute. Però, nell'insistenza del governo presieduto da Giuseppe Conte, del PD, del Movimento Cinque Stelle c'è un eccesso di fanatismo. Hanno diviso la popolazione italiana in "bravi" (quelli che indossano sempre e comunque le maschere) e "cattivi" (quelli che non le indossano). Puntando, magari, a porre le basi per instaurare in Italia un sistema illiberale di società e di stato, sul modello di quelli comunisti cinesi. Gli italiani dovrebbero fare capire a questi fanatici della mascherina, scrivendoglielo sui social networks, che, se mettono misure di sicurezza scarsamente rispettose delle libertà individuali e frenanti della ripresa economica (saremmo curiosi di conoscere chi è che andrà in un ristorante per una cena romantica bardato con guanti e mascherina, come in una camera operatoria?), non verranno rivoltati.
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giovedì 14 maggio 2020
Il Dragone divora i bar e i ristoranti, agevolato dalle misure di sicurezza impossibili
Il commercio cinese prende sempre più piede in Europa, diffondendosi a macchia d’olio e piegando la ristorazione tradizionale: chiudono i bar tradizionali di Venezia. Dopo l'eccessiva chiusura forzata, arrivano delle misure di sicurezza impossibili, approntate dal pomposamente definito "Comitato tecnico - scientifico", dall'Istituto Superiore di Sanità e dall'Inail (Istituto Nazionale per l'Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro), i quali ne capiscono di sanità, però non ne capiscono affatto di economia e di mercato. Però, la colpa non è di queste istituzioni; che, effettivamente, non sono tenute a capirne di economia e di mercato. La colpa è del governo Conte e dei ministri. Loro sì che sono tenuti a capirne. Infatti, già la chiusura aveva costretto al fallimento alcune piccole realtà della ristorazione. Però, adesso, le nuove misure a base di disinfezioni, sanificazioni, distanziamenti, divisori in plexiglas, mascherine (qualcuno ha inventato persino una maschera con tanto di cannuccia per consentire di bere e, forse, chissà, di nutrirsi di soli liquidi, senza levarsela) e guanti causano e causeranno un'ondata di fallimenti di attività a gestione familiare che non riescono e n on riusciranno più a tirare avanti. A prendere il posto di questi gestori, sono i cinesi, con una faccia di bronzo che lascia sbalorditi visto lo scandaloso comportamento del governo comunista; prima, durante e dopo la pandemia. Comportamento che include anche il dare pareri e lezioni non richieste. Un esercente cinese così parlava al Corriere del Veneto: “La Cina ha usato un metodo rigidissimo per l’isolamento della popolazione. Qui invece si consiglia la mascherina solo a chi è ammalato e noi, che veniamo da una cultura in cui la si mette anche per evitare un banale raffreddore, non ne capiamo il motivo.“. Noi, invece, capiamo che, evidentemente, la democrazia non fa parte della "loro cultura", quella comunista. L'Italia è e deve restare una democrazia; non abbiamo bisogno né di pareri, né di lezioni da uno stato e da un governo comunisti; non ci piacciono nemmeno quei "sinistrorsi" piddini e pentastellati che vorrebbero imitare lo stato comunista cinese; e non vogliamo che venga imposta la museruola a nessuno. Però, c'è di più. Indubbiamente, le nuove misure di sicurezze sono delle direttive partorite da scienziati chiusi nell'idea della sicurezza più assoluta e completamente avulsi dalla realtà economica del Paese. Però, un governo degno di questo nome dovrebbe respingerle queste misure. E, l'attuale governo non è estraniato dalla realtà. Allora, ci diciamo, perché le accetta? Non sarà che, dopo la regolarizzazione degli immigrati, promossa dalla ministra delle politiche agricole alimentari e forestali,Teresa Bellanova (in quota al movimentino renziano Italia Viva), ci sarà la concessione del diritto di voto agli immigrati residenti? E, non sarà che i partiti del centrosinistra (PD, M5S, Italia Viva, Liberi e uguali) pensano alle comunità cinesi come prossimo serbatoio di voti? E, non sarà che i partiti del governo auspichino, magari, l'acquisto massiccio di bar e ristoranti da parte delle comunità cinesi finanziate dal Dragone comunista? Sicuramente, sono soltanto delle ipotesi, almeno per il momento. Però, potrebbe essere uno scenario realistico. Tutto ci lascia pensare di sì.
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mercoledì 13 maggio 2020
Ecco come funziona la “piovra” cinese
di Graziano Davoli
La pandemia da COVID-19 ha risvegliato una parte di Occidente dal sonno eterno che ha impedito di distinguere gli alleati dagli avversari. Pochi leader coraggiosi hanno tirato giù il drappo che nascondeva al mondo l’immagine del Partito Comunista Cinese. Una mole smisurata, lunghi tentacoli che penetrano in ogni anfratto di realtà. Questa creatura l’anno prossimo compirà 100 anni, una manciata di sabbia al cospetto della storia, che è bastata ad alcuni studenti universitari per creare una vera e propria macchina burocratica. Il PCC si presentava inizialmente come aperto e flessibile, il suo sguardo era rivolto alle masse contadine, bastava giurare fedeltà alla causa rivoluzionaria e contribuirvi attivamente per entrarne a far parte. La mutazione cominciò con la nascita della Repubblica Popolare Cinese nel 1949, all’interno del partito sorsero gli “intellettuali” ai quali era richiesto semplicemente di conoscere alla perfezione i principi del “Libretto rosso”. Nel 1978 Deng Xiapoing attuò alcune riforme economiche che aprirono il paese all’economia di mercato, gli “intellettuali” si trasformarono in “tecnocrati”. La leadership di Jiang Zemin trasformò il PCC nella piovra che conosciamo oggi. La cosiddetta dottrina delle tre rappresentanze permise al partito di affondare i propri tentacoli nella filiera produttiva; nel mondo della cultura dando al marxismo una dimensione nazionale ma soprattutto nella vita dei cinesi che non avrebbe più lasciato. Gli scandali che portarono al potere Xi Jinping permisero al partito di rafforzare le proprie spire, lo studio delle teorie marxiste venne imposto negli atenei universitari e vennero istituite alcune attività “ricreative” (ovviamente obbligatorie) legate al cosiddetto “turismo rosso”. Il PCC è l’unico vero ascensore sociale per i giovani cinesi che aderendovi possono accedere a professioni meglio retribuite, proprio per questo chi desidera entrarvi è sottoposto ad una rigorosa selezione. Occorre presentare domanda all’unità locale e deve essere scritta rigorosamente a mano per dimostrare buona volontà. Successivamente i candidati vengono formati dalle organizzazioni giovanili per diventare membri. Dopo un anno di formazione il candidato deve ricevere il sostegno di due membri ufficiali, si trova così ad affrontare un periodo di prova nel quale partecipa alle riunioni senza votare. Viene dunque “educato”dai gruppi di partito fino al giuramento. Comincia la scalata ai vertici. Attualmente il partito conta all’incirca 90 milioni di membri, tuttavia pochissimi ascendono al Congresso Nazionale, l’unica forma di democrazia interna. I suoi membri si riuniscono ogni cinque anni a Pechino e hanno il compito di deliberare le linee guida del partito, di eleggere gli organi superiori, di rinnovare la costituzione e di approvare il rapporto politico del leader uscente. Chi si distingue all’interno del Congresso Nazionale entra a far parte del Comitato Centrale che si riunisce una volta all’anno in sessione plenaria. Le sessioni sono in tutto sette. La prima esprime gli organi principali: Politburo, Comitato Permanente e Segretario Generale. La seconda si occupa delle nomine di stato. La terza decreta le riforme economiche. La quarta determina la governance. La quinta rinnova i piani quinquennali. La sesta si occupa del rinnovo dell’apparato ideologico. La settima approva gli emendamenti allo statuto del PCC. Il Comitato Centrale elegge i 25 membri del Politburo, il centro decisionale, che si riunisce ogni due mesi. Il Comitato Permanente del Politburo ha pari importanza. I suoi sette membri vengono eletti ogni cinque anni e si riuniscono una o due volte alla settimana. Le decisioni al suo interno devono essere unanimi. Infine vi è il Segretario generale che ricopre il ruolo di presidente della Repubblica Popolare Cinese e della Commissione militare centrale. Non stupisce l’amore disperato del governo per Pechino. Il suo azionista di maggioranza possiede una struttura simile. Un capo indiscusso ai vertici che fa il bello e il cattivo tempo attraverso una piattaforma online, unico barlume di democrazia interna offuscato da continui problemi sistemici ogni volta che si vota in difformità con la linea ufficiale.
Fonte: L'Occidentale
domenica 10 maggio 2020
1 / C'è una barbarie nel pianeta: è il comunismo cinese - dal 1921 al 1945
(Un proprietario terriero cinese viene giustiziato da un soldato comunista a Fukang, in Cina)
In tutta la sua storia, durata oltre ottanta anni, ogni cosa che il partito comunista cinese ha toccato è stata cosparsa di menzogne, guerre, carestie, tirannia, massacri e terrore. Le fedi e i principi tradizionali sono stati distrutti con la violenza. I concetti etici originali e le strutture sociali sono state disintegrate con la forza. L’empatia, l’amore e l’armonia fra il popolo sono stati trasformati in lotta e odio. La venerazione e l’attenzione verso il cielo e la terra sono stati sostituiti da un desiderio arrogante di «lottare contro il cielo e la terra». Ciò ha avuto come risultato il totale collasso sociale, morale ed ecologico, nonché una profonda crisi del popolo cinese e per l’intera umanità. Tutte queste calamità sono state provocate con una deliberata programmazione, organizzazione e controllo da parte del partito comunista cinese. Come recita una famosa poesia cinese «Profondamente io sospiro, ma invano, per i fiori che cadono». Speriamo che la fine per il comunismo cinese sia vicina. Speriamo che i suoi giorni siano contati. crede che i tempi siano ora maturi – prima del crollo totale del PCC – per riflettere su ciò che è successo e per denunciare completamente come il più vasto culto settario della storia abbia incorporato la malvagità di tutti i luoghi e di tutti i tempi. Noi speriamo che coloro che sono ancora tratti in inganno dal PCC distinguano chiaramente la sua natura, si purifichino dal veleno instillato nei loro spiriti, liberino le loro menti dal controllo del male e liberino sé stessi dalle catene del terrore, abbandonando per sempre tutte le illusioni nei suoi confronti. Il dominio del partito comunista cinese è la pagina più buia della storia cinese del XX e del XXI secolo. Crediamo che conoscendo la vera storia del partito comunista cinese possiamo aiutare a prevenire che altre tragedie simili accadano nuovamente. Sì, perché la codardia e la volontà di compromesso dell'Unione Europea e di questo governo italiano equivalgono alla complicità A differenza di quanto avvenuto in occidente e in Russia, il movimento comunista cinese non nacque da una scissione e dalla frattura con una precedente tradizione socialdemocratica, ma direttamente sotto l'influenza dell'Unione Sovietica. Il partito comunista cinese condivise l’esperienza del partito comunista dell’Unione Sovietica di una conquista politica violenta e della dittatura del proletariato e seguì le istruzioni del partito sovietico riguardo la linea politica, quella intellettuale e quella organizzativa. Il partito comunista cinese copiò i segreti e i metodi tramite i quali un’organizzazione esterna e illegale poté sopravvivere, adottando misure di controllo e di sorveglianza estreme. L’Unione Sovietica fu la spina dorsale e il padrino del partito comunista cinese. l'accademico e bibliotecario Li Dazhao o Li Ta-chao (李大釗T, 李大钊S, Lǐ DàzhāoP; Contea di Laoting, 29 ottobre 1888 – Pechino, 28 aprile 1927) fondò a Pechino la "Società della Cina giovane" e nell'ottobre del 1918 organizzò la "Società per lo studio del marxismo" all'interno della biblioteca universitaria della capitale cinese, dove un giovane Mao Zedong o Mao Tse-tung (毛澤東T, 毛泽东S; Shaoshan, 26 dicembre 1893 – Pechino, 9 settembre 1976) si era trasferito da poco per lavorare come assistente bibliotecario. Nel 1921, il PCC venne fondato nella Concessione francese di Shanghai da Li Dazhao e Chen Duxiu. "I comunisti disdegnano di celare le loro idee e i loro scopi. Essi dichiarano apertamente che i loro fini possono essere raggiunti solo rovesciando con la forza tutte le condizioni sociali esistenti". Questa citazione è presa dal paragrafo conclusivo del Manifesto del partito comunista, il più importante documento del partito comunista. La violenza è l’unico ed esclusivo mezzo tramite il quale il partito comunista ha raggiunto il potere. Il partito comunista cinese (PCC) ereditò naturalmente la volontà di violenza, unendola, come vedrete, alla menzogna. Tra il 16 e il 23 luglio 1922, il PCC organizzò il suo II Congresso nazionale a Shanghai: fu approvata l'iscrizione all'Internazionale Comunista e fu redatta una dichiarazione nella quale si analizzava la natura semi-coloniale e semi-feudale della società cinese e si rafforzavano gli ideali leninisti.Al termine dei lavori Inoltre, Chen Duxiu fu riconfermato segretario del Comitato centrale. La posizione dell'Internazionale comunista per quanto riguarda i Paesi colonizzati, che fu fatta propria dai cinesi, chiedeva ai nascenti partiti comunisti di cercare un'alleanza opportunista con la borghesia nazionale. Pensavano che la rivoluzione comunista doveva essere preceduta da una fase democratico-borghese, che avrebbe spazzato via ogni residuo di feudalismo e gettato le basi di un'economia moderna. Inevitabilmente questa posizione portò alla ricerca di un accordo con il fondatore del partito nazionalista Kuomintang, Sun Yat-sen (Xiangshan, 12 novembre 1866 – Pechino, 12 marzo 1925). Di conseguenza, nel 1924, il Kuomintang e il Partito Comunista Cinese formarono il Primo Fronte Unito, dal 1924 al 1927. Il comunismo cinese, come ogni comunismo, deve mentire. Per avvantaggiarsi della classe lavoratrice, il PCC le ha conferito i titoli come “la classe più avanzata”, “la classe altruista”, “la classe guida” e “i pionieri della rivoluzione proletaria”. Quando il partito comunista cinese ebbe bisogno dei contadini promise “terra agli agricoltori”. Quando il partito comunista ebbe bisogno della borghesia li chiamò “i compagni di viaggio della rivoluzione proletaria” e promise loro “una repubblica di tipo democratico”. Quando i nazionalisti del Kuomintang si difesero ed il partito comunista cinese venne quasi sterminato dal KMT, i comunisti gridarono forte “i cinesi non combattono i cinesi”. Però, appena la guerra contro il Giappone si concluse, il PCC rivolse tutte le sue forze contro il KMT e rovesciò il suo governo. Similmente il PCC eliminò la classe borghese dopo aver assunto il controllo della Cina e alla fine trasformò i contadini e gli operai in un proletariato senza alcuna risorsa economica. La nozione di "fronte unito" è un tipico esempio delle menzogne che il PCC ha raccontato. Al fine di vincere la guerra contro il KMT, il PCC si allontanò dalle sue tattiche abituali, adottando una “politica di unità temporanea” con i suoi nemici di classe, ossia i proprietari terrieri e i ricchi agricoltori. Tuttavia nel 1927 il generale Chiang Kai-shek (蔣中正T, Jiǎng JièshíP) (Xikou, 31 ottobre 1887 – Taipei, 5 aprile 1975) comprese la doppiezza del partito comunista cinese e la natura ambigua dell'accordo con esso. Perciò, con l'attacco di Shanghai, il 12 aprile 1927, ai danni del partito comunista cinese (PCC), delle sue forze e dei suoi militanti civili, il Kuomintang (KMT), ovvero il partito nazionalista cinese, impedì qualsiasi presa di potere da parte dei comunisti nella Repubblica di Cina. Il PCC ha sempre insegnato alla sua gente che Chiang Kai-shek tradì il movimento comunista. In realtà il PCC si comportò come un parassita. Cooperò con il KMT al solo scopo di allargare la sua influenza sfruttando il Fronte Unito. Dall’ottobre 1933 al gennaio 1934, il Partito Comunista subì una totale sconfitta. Nella quinta operazione militare del KMT, che mirava a circondare ed annientare il PCC, il PCC perse una dopo l’altra le sue roccaforti nelle campagne. Con la zona sotto il suo controllo che si restringeva continuamente, il grosso dell’Armata Rossa comunista dovette fuggire. Questa è la vera origine della “lunga marcia”. La “lunga marcia” (ossia una gigantesca ritirata militare) mirava in realtà a spezzare l’accerchiamento e a scappare verso la Mongolia e la Russia lungo un arco che prima andava a ovest e poi a nord. Una volta arrivato, il PCC aveva la possibilità di fuggire in Unione Sovietica in caso di sconfitta. Mentre era sulla strada della Mongolia il PCC incontrò grandi difficoltà. Scelsero di passare dal Jiangxi allo Shaanxi . Un anno più tardi, quando il PCC arrivò finalmente a Shanbei (provincia del nord dello Shaanxi) la forza principale dell’Armata Rossa Centrale era scesa da 80.000 a 6.000 uomini. Il 7 luglio 1937, però iniziò la seconda guerra sino-giapponese, tra la Repubblica di Cina e l'Impero giapponese. Il PCC che prima aveva istiga la rivolta puntando i fucili contro Chiang Kai-shek, attuò una giravolta. In questo modo, non solo il PCC sfuggì a una crisi militare che lo avrebbe disintegrato, ma usò un’opportunità per stringere una seconda alleanza con il governo del KMT, il Secondo Fronte Unito. I libri di testo del PCC raccontano che il partito comunista cinese condusse la Cina alla vittoria nella guerra contro i giapponesi. Quando la guerra sino-giapponese esplose, il KMT nazionalista aveva circa 4 300 000 soldati suddivisi in 515 divisioni di vario tipo. Nel 1937 le divisioni operative erano 170, ciascuna con una forza di 4 000-5 000 soldati. Le due principali armate ("Ottava Armata della Strada" e "Nuova Quarta Armata") del PCC più altre unità irregolari, assommavano a circa 1 300 000 soldati. e la loro forza era ulteriormente indebolita dalle polemiche interne. Il PCC comprese che se avesse dovuto affrontare i giapponesi in battaglia il suo potere sarebbe diminuito. Agli occhi del PCC il punto fondamentale de “l’unità nazionale” non era quello di assicurare la sopravvivenza della nazione cinese, bensì di sostenere ed accrescere il proprio potere. Perciò, durante la sua collaborazione con il KMT il PCC esercitò una politica interna ufficiosa secondo la quale bisognava dare priorità alla lotta per il potere politico. Perciò, da un lato, ufficialmente, il PCC affermava di combattere praticamente spalla a spalla con il KMT per sconfiggere gli invasori giapponesi. Mentre dall'altro lato, il PCC esortava la gente nelle zone controllate dall'alleato KMT a ribellarsi chiamando “i lavoratori a scioperare, i contadini a sabotare, gli studenti a boicottare gli studi, i poveri ad abbandonare il lavoro e i soldati a ribellarsi” così da rovesciare il governo nazionalista. Sebbene il PCC sventolasse la bandiera della resistenza contro i giapponesi, teneva le truppe lontani dalle linee del fronte. Ad eccezione di alcune battaglie, come quella combattuta al Passo di Pingxing, il contributo del PCC alla guerra contro i giapponesi fu molto scarso. Invece impiegarono i loro sforzi per espandere le proprie basi. Quando i giapponesi si arresero, il PCC reclutò i soldati che si arrendevano nel proprio esercito, passando dai 100 000 membri del 1937 a 1 200 000 del 1945. L’esercito del KMT era praticamente solo sulle linee del fronte mentre combatteva i giapponesi. L'esercito del KMT fu coinvolto in 22 battaglie principali, molte delle quali videro impegnati più di 100 000 uomini per parte, 1 171 battaglie minori, molte delle quali con 50 000 uomini coinvolti, e 38 931 scontri di minore importanza. Una valutazione del numero di azioni condotte dalle truppe sotto il controllo del partito comunista cinese è invece decisamente problematica, trattandosi principalmente di azioni di "guerriglia" svolte soprattutto nelle zone rurali della Cina. Invece, il PCC costantemente proclamò che il KMT non aveva resistito ai giapponesi, e che fu il PCC a condurre la grande vittoria nella guerra sino-giapponese. In realtà, ogni sforzo del PCC fu teso ad espandendo il proprio territorio a spese del KMT nazionalista, in qualsiasi modo. Quando l’ex presidente statunitese Herbert Hoover raccomandava il libro Enemy Within [Il Nemico all’Interno, ndt] di padre Raymond J. De Jaegher, aveva commentato che il libro metteva a nudo il terrore contenuto nei movimenti comunisti. Lo raccomandava a tutti coloro che volevano capire una tale forza violenta nel mondo. n questo grande libro De Jeagher racconta di come il PCC abbia usato la violenza per terrorizzare le persone e sottometterle. Ad esempio, un giorno il Partito Comunista ha chiesto a tutti di andare nella piazza del villaggio. I maestri hanno portato i bambini dalla scuola alla piazza. Lo scopo dell’adunata era quello di farli assistere all’uccisione di 13 giovani patrioti. Dopo aver esposto le false accuse imputate alle vittime, i leader comunisti hanno ordinato agli insegnanti terrorizzati di far cantare ai bambini canti patriottici. Ad apparire sul palcoscenico nel sottofondo delle canzoni non erano ballerini, ma il carnefice con in mano un coltello affilato. Era un giovane robusto soldato comunista dalle braccia forti. Il soldato è andato dietro alla prima vittima, con un gesto rapido ha alzato il coltello affilato con un taglio diretto verso il basso, e la prima testa è caduta a terra. Il sangue spruzzava come da una fontana, mentre la testa rotolava al suolo. Il canto isterico dei bambini si è trasformato in un pianto caotico e assordante. Gli insegnanti tenevano il ritmo per cercare di farli continuare a cantare; nel frastuono si sentiva il tintinnio della loro campanella. Il boia ha colpito per tredici volte e tredici teste sono cadute a terra. Dopo di ciò, alcuni soldati comunisti sono arrivati, hanno tagliato i toraci delle vittime e hanno tirato fuori i loro cuori per la festa. Una tale brutalità è stata messa in atto di fronte ai bambini. Tutti i ragazzi erano pallidi per la paura, e alcuni hanno cominciato a vomitare. L’insegnante ha rimproverato i bambini, e dopo averli disposti per file li ha riportati a scuola. Padre De Jaegher vedeva spesso i bambini costretti ad assistere alle uccisioni. I bambini avevano cominciato ad abituarsi agli omicidi sanguinosi, alcuni avevano addirittura cominciato a divertirsi e a trovare eccitanti le scene di morte. Quando il PCC ha capito che il semplice omicidio non risultava abbastanza terrificante ed eccitante, invitò i bambini ad assistere a torture crudeli. Per esempio, forzavano qualcuno ad inghiottire un’enorme quantità di sale senza concedergli di bere, la vittima avrebbe sofferto la sete fino a morire; o spogliavano totalmente qualcuno facendolo rotolare sui vetri rotti; o creavano un buco in un fiume gelato e poi gettavano la vittima nel buco, così che sarebbe morta soffocata o congelata. De Jaegher ha scritto che alcuni membri del PCC nella provincia di Shanxi hanno inventato una tortura terribile. Un giorno mentre vagavano per la città, si sono fermati di fronte a una tinozza gigante piena di acqua calda davanti a un ristorante. Subito avevano comprato diverse tinozze giganti, e immediatamente hanno arrestato diverse persone contrarie al Partito Comunista. Durante l’esperimento, avevano riempito le tinozze di acqua calda bollente. Tre vittime erano state spogliate e gettate là dentro a bollire fino alla morte. A Pingshan De Jaegher ha visto un padre essere scorticato vivo. I membri del PCC avevano costretto il figlio ad assistere e a partecipare all’inumana tortura, a vedere il padre morire tra dolori disumani e a sentire le sue grida. I membri del PCC avevano versato aceto e acido sopra il corpo del padre e così la sua pelle era stata tolta completamente. Hanno cominciato dalla schiena, poi sono passati alle spalle fino a che ebbero tolto tutta la pelle, lasciando intatta solo la pelle del capo. L’uomo era morto dopo pochi minuti.
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sabato 9 maggio 2020
Se ridessimo alla Cina nazionalista di Formosa il seggio alle Nazioni Unite preso dalla repubblica comunista?
La questione riguardante lo status politico di Formosa e il difficile rapporto con la Cina ha radici lontane a partire dalla fine della guerra civile cinese nel 1949, quando il legittimo governo della Repubblica nazionalista cinese si ritirò a Taipei e mantenne il controllo sull’arcipelago delle Isole Matsu. Il 1 ottobre 1949 nella Cina continentale fu istituita la repubblica popolare comunista, che non è, né è stata il legittimo successore della repubblica nazionalista. Allora i nazionalisti di Chiang Kai-shek (蔣中正, Jiǎng Jièshí) si rifugiarono sull’isola di Formosa. Purtroppo, da quando la Repubblica nazionalista cinese perse il suo seggio alle Nazioni Unite in qualità di rappresentante della nazione cinese nel 1971, sostituita dalla repubblica popolare comunista, la maggior parte degli stati sovrani hanno spostato il loro riconoscimento diplomatico alla repubblica comunista. Anche se gli Stati Uniti hanno sempre assicurato il sostegno militare. anche se Formosa intrattiene rapporti di collaborazione e di commercio arrivando ad essere riconosciuta da 17 stati in tutto il mondo (Belize, Città del Vaticano, Guatemala, Haiti, Honduras, Kiribati, Isole Marshall, Nauru, Nicaragua, Palau, Paraguay, Saint Kitts e Nevis, Saint Lucia, Saint Vincent e Grenadine, Isole Salomone, Swaziland, Tuvalu). Noi anticomunisti siamo convinti che Formosa, le Penghu, Kinmen e le Matsu debbano essere formalmente indipendenti dalla repubblica comunista e che debbano costituire una repubblica cinese nazionalista, in alternativa netta, categorica e definitiva allo stato comunista. De ciò discende che la comunità internazionale occidentale dovrebbe, rimediando al gravissimo errore del 1971, riconoscerla diplomaticamente sia come stato sovrano che come legittima rappresentante della nazione cinese. La repubblica nazionalista cinese di Formosa è ad oggi uno Stato de facto costituito dal gruppo di isole di Formosa, Pescadores, Quemoy e Matsu, che nella sua costituzione rivendica sia la Cina continentale che la la Mongolia Esterna. Noi anticomunisti crediamo fermamente che la repubblica nazionalista cinese di Formosa sia l'unica degna rappresentante della nazione cinese e che uno stato - canaglia quale la repubblica comunista non meriti alcun riconoscimento né diplomatico né commerciale. Sono, disgraziatamente, invece molti i Paesi che hanno deciso di terminare i rapporti diplomatici con Formosa, come il Burkina Faso ed El Salvador, ultimo in ordine di tempo ad aver rotto i rapporti con l’isola, per rientrare nell’orbita comunista di Pechino e godere degli illusori, come avete già visto in un nostro articolo precedente, "benefici economici" derivanti da quella gabbia politica totalitaria che è la "Nuova via della seta". Sarebbe fondamentale (e lo dovrebbe per qualsiasi conservatore e liberale che abbia giustamente orrore del comunismo) che Formosa ritornasse ad "esistere diplomaticamente" e che le siano riaperti gli accessi alle organizzazioni internazionali e alle Nazioni Unite. Come ha chiesto, nel 2016, Michael Tsai Ming-hsien, ex ministro e leader della Taiwan United Nations Alliance, un’organizzazione non governativa. Sul fronte economico c’è da dire che Formosa sta conservando il suo vantaggio tecnologico (che di recente ha dimostrato di avere un peso notevole anche grazie a casi Zte e Huawei, quando sono stati giustamente bandite le due aziende della repubblica comunista) nella produzione di microprocessori di cui Taiwan è uno dei maggiori produttori insieme agli Stati Uniti e alla Corea del Sud. Anche per quanto concerne la produzione di semiconduttori, il colosso mondiale Taiwan semiconductor manufacturing company (TSMC)9, ha garantito di rimanere nella sede nel Hsinchu Science Park di Hsinchu. In questo scenario c’è la posizione notevolissima del presidente statunitense Donald Trump nei confronti di Formosa, infatti la politica del presidente Trump è apprezzata al governo di Taipei, visto che ha rafforzato i legami tra gli Stati Uniti e Formosa, scegliendo la cosiddetta politica di “contenimento”. Mentre l’Unione Europea (ossia il vero e proprio "ventre molle" dell'Occidente) sconsideratamente conferma e legittima le rivendicazioni comuniste di Pechino, attraverso il documento che i membri di altissimo livello dell’Unione Europea hanno firmato nel luglio del 2018 alla presenza del primo ministro cinese, Li Keqiang, in cui viene ribadito che “l’Unione europea riconferma la sua One China policy”. Una chiara legittimazione della posizione comunista, da parte dell’Unione Europea e che si collega al delicato momento attuale in cui il governo comunista di Pechino fa dichiaratamente pressing su un'Italia purtroppo alleata di fatto allo stato - canaglia comunista, a causa del governo di centrosinistra Conte/Di Maio. Da stato totalitario ed aggressivo qual'è la repubblica comunista è fermamente convinta di prendersi Formosa entro il 2050, l’anno dopo il centenario della fondazione della repubblica popolare comunista cinese. L’isola di Formosa, che dista solo 180 chilometri dalla Cina continentale, ha un immenso valore strategico. L'appropriazione di Formosa da parte di Pechino sarebbe pericolosissima in quanto amplierebbe enormemente la portata della potenza militare della repubblica comunista nel Mar Cinese Meridionale, bacino d’acqua di cui Pechino rivendica la sovranità per circa il 90%.
venerdì 8 maggio 2020
Attacks against farmers and murders in South Africa
South African farm murders have long been a niche cause, and the country has made headlines again due to a South African government plan to seize the land of white farmers under the guise of “South African land reform.. News of these farm murders and land seizures have gained steam with the release of Lauren Southern’s documentary Farmlands. And United States' President Donald Trump has brought even more attention to the plight of Afrikaners with his tweet that he would be looking into the South African land and farm seizure. Most people don’t know much about the history of South Africa beyond the simplistic communist and socialist propaganda: white South Africans bad, ANC good. The current situation of South Africa, however, is much more complex. The history begins, in 1950, with a term: communism. The African National Congress is not a democratic-liberal organization. The ANC was closest ally of the South African Communist Party. Especially, Nelson Mandela was not only a member of the SACP, he served on its Central Committee, something he denied for decades. What’s more, the SACP and the ANC have partnered in forming Umkhonto we Sizwe (“Spear of the Nation”), the paramilitary wing of the communist movement. The average person on the street likely thinks that Nelson Mandela was imprisoned simply for being black or opposing apartheid. In fact, he was imprisoned for a bombing campaign carried out by Umkhonto we Sizwe, of which he was the head. In fact, Nelson Mandela was convicted of 193 acts of terrorism. He was offered his freedom multiple times on the simple condition that he condemn terrorist attacks against the south african government. He refused every time. The farms attacks have their root in this era when soviet-backed communist insurgents were attempting to “liberate” southern Africa from pro-Western governments; within South Africa, the farms Attacks were specifically part of an ANC attempt to terrorize white farmers off the land, as the ANC’s military wing sought to make South Africa ungovernable. In 1994, the African National Congress took power in South Africa. At this time, its paramilitary organization was integrated into the country’s regular defense forces. Convicted bomber Robert McBride, praised by no less than IRA terrorist Martin McGuinness, is the Executive Director of the Independent Police Investigative Directorate. The term “rape gate” entered sadly popular parlance as South Africans installed panic room doors on their bedrooms. Crime is the main reason for emigration from South Africa. The 2013 murder rate was seven times that of the United States, the 11th highest in the world. Between 2005 and 2015, over 200,000 South Africans were murdered – this in a country of about 50 million. There were over 17,000 murders in 2013 alone. Compare this to just over 14,000 in the United States during the same year, despite the fact that South Africa’s population is approximately equivalent to two states – California and Texas.This is only the official murder rate. Many suspect that the rate is higher. Quality of public services has likewise deteriorated, with rolling blackouts being the norm in South Africa. It is currently twice as dangerous to be a South African farmer than a South African police officer. The murder rate of white South African farmers is three times that of the South African Police Service (SAPS) officers, and five times the South African average. Furthermore, research by Cristopher Gumbi suggests government or SAPS complicity. The murder rate among South African farmers is three times that of the standard murder rate in South Africa, which is already one of the highest in the world. The government claims the motives for the farm attacks are robbery. However, this does not pass muster. Farm attacks frequently include raping the female members of the household – including young children – while forcing the male members of the household to watch. The victims are often then tortured to death in front of each other. Farmers claim police response to these attacks is sluggish at best and nonexistent at worse. The South African police did not collect statistics on attacks and murders on farms and smallholdings prior to 1997.A number of agricultural organisations did, however. The South African Agricultural Union (now Agri SA) registered 677 murders and 3,065 attacks between 1991 and 1997. In 1997, the police’s Crime Information Analysis Centre (CIAC) began collecting data on farm attacks, but told the 2003 committee of inquiry that it did not believe that every crime was being recorded. In 1998, the police’s National Operational Coordinating Committee began collecting farm attacks and murders statistics of their own. The 2003 committee of inquiry into farm attacks concluded that none of the statistics collected between 1991 to 2001 were completely accurate. The South African police collected and released statistics on farm attacks and murders until 2006/07 but did not release statistics again until 2010/11. Farm murders shows an alarming picture. Farm murders increased by 34% to 68 in 2012/2013 compared to the 50 murders in 2011/2012. Farm attacks increased from 112 cases to 176 cases. Farm attacks in fact are violent crimes against people and not on property. According to the South African police, 47 farm murders were reported in 2018/19. They have not released the number of farm attacks.The police’s latest statistics show that there were 62 farm murders in 2017/18. The South African government, dominated by the communist-backed African National Congress (ANC), has responded to the surging wave of racist murders by denying the phenomenon, implausibly claiming that many of the attacks are simply regular crimes. Given the non-existent statistics for some years and all the drastic government minimizations, since 1994 more than 300 000 people have been murdered (328 244) in South Africa. Since 1994 more than 3.000 farmers and farm workers have been murdered in more than 10.000 farm attacks. The government claims the motives for the farm attacks are robbery. However, this does not pass muster. Farm attacks frequently include raping the female members of the household – including young children – while forcing the male members of the household to watch. The victims are often then tortured to death in front of each other. Farmers claim police response to these attacks is sluggish at best and nonexistent at worse. What’s more, the attacks on white farmers in South Africa tend to have pitched levels of brutality about them. It’s worth mentioning some of the more violent attacks on farmers at least in passing:
In 2012, a 12-year-old boy was drowned in boiling water after watching both his parents murdered and his mother raped.
A 56-year-old grandmother was gang raped during a robbery netting approximately $2,000.
Five men sexually assaulted a woman in front of her 5-year-old son over the course of an hour and a half.
Over the course of six hours, a woman was tortured by having her skin cut off, raped and had her feet power drilled.
A 66-year-old man was beaten to death in front of his wife. She escaped being gang raped by saying that she had HIV.
Bedridden Alice Lotter, 76, and her daughter Helen, 57 were tortured to death over several hours, including by being stabbed in the genitals with a broken glass bottle. One had one of her breasts removed while still alive. “Kill the Boer” was painted on the wall in their blood.
Knowledge Mandlazi went on a killing spree in 2014, murdering five whites and stating that “My hate for white people made me rob and kill."
The atrocities committed on South African whites during farm murders, house robberies, car hijackings and the shooting of children, even toddlers, point to a disturbing form of ethnic cleansing going on in the country. Another common form of farm attack is the land invasion. In one example, 100 men began squatting land. The farmer left. Far from being a “white nationalist conspiracy theory,” farm attacks have been reported on and denounced by Human Rights Watch and former Australian Prime Minister Tony Abbot. Afriforum, a wing of Christian trade union Solidarity, likewise reports on farm attacks regularly. Anti-white racism is a popular current in mainstream South African politics. The song “Kill the Farmer, Kill the Boer” is still publicly sung, despite this being declared a hate crime. The traditional means of protecting rural South Africans, the commando units, were disbanded in 2003, leaving many South African farmers with no protection. Anti-white attacks in South Africa is very real and very mainstream. Here are a few examples:
Velaphi Khumalo, a government official, stated on Facebook in 2016: “White people in South Africa deserve to be hacked and killed.”
Ekurhuleni EFF (The Economic Freedom Fighters, a far-left political party in South Africa that has pushed the South African government to seize land from white farmers. The EFF is the third-largest party in South Africa, but is poised to become the second) Leader Mampuru Mampuru posted on Facebook in 2018: "We need to unite as black People, there are less than 5 million whites in South Africa vs 45 million of us. We can kill all this white within two weeks."
Major M.V Mohlala, a senior official in the South African National Defense Forces, said of the murder of a 76-year-old white professor: "It is your turn now, white people… [he] should have had his eyes and tongue cut out so that the faces of his attackers would be the last thing he sees." He received a mere warning of future disciplinary action.
The EFF’s national leader Julius Malema stated in 2018: “Go after a white Man... We are cutting the throat of whiteness."
It’s not surprising that some South Africans have begun getting trained by Israeli commandos to protect themselves and their property. The present South African Constitution has for a long time allowed for Soviet-style expropriations of farms without compensation. Zulu lands are specifically exempted. Still, despite the fact that farm seizures are precisely the means by which Zimbabwe ended up in such a failed state, there seems to be no stopping farm seizures in South Africa. The current President Cyril Ramaphosa, from the ruling ANC, has denied large-scale killings of white farmers but civil rights organization AfriForum conducted an analysis of the South African Police Service (SAPS) statistics, confirming that Farm Attacks are on the rise, contrary to recent media claims. Concerned South Africans are trying to bring international attention to this matter; in May 2019, one South African emailed the staff of South Carolina’s Senator Lindsey Graham:
“There is a white genocide going on … and
we all have been living in fear and anticipation. Elderly are being
raped, tortured and murdered … for something as petty as a phone. Our
farmers are being slaughtered.”
Since the quasi-communist takeover of South Africa in 1994 and with the country since moving further and further to the Left, genocide has also started to appear as a fundamental characteristic of the so-called “new South Africa”. Intolerance towards the Afrikaner ethnic group, the Afrikaans language,
literature and culture have grown rapidly. Many communists regard the
Afrikaans language in itself as “offensive” and therefore want it banned
from the public domain. Afrikaans place names too have been
systematically removed from towns, streets, buildings and other places. It comes from the revolutionary communism.To communism and his followers, the Afrikaner’s love of his language and culture, his patriotic attachment to South Africa, his pride in his intellectual and economic achievements must be cancelled. The continued existence of some Afrikaans schools, churches, cultural associations and so on, is seen as a reactionary refusal to bend to the will of the revolutionary Left that conquered the country in 1994. The Afrikaner must therefore be punished for his dissidence and his children preferably brainwashed into accepting the dissolution of their culture and identity, as well as their integration into a kind of multicultural multitude. Communism is a ideology. that demands total revolution: a radical change in the whole world and all culture. t may stigmatise a culture as useless and even pernicious. If one cannot destroy the culture itself, its bearers may always be physically eliminated. Within the communist mind, all of this is perfectly logical. The communists purveyors of hate produce the hate crimes, creating a climate in which killing Afrikaners is seen to be permissible, even desirable. Tihs is a genocide. “The international legal
definition of the crime of genocide is found in Articles II and III of
the 1948 Convention on the Prevention and Punishment of Genocide.
Article II describes two elements of the crime of genocide:
The mental element, meaning the “intent to destroy, in whole or in part, a national, ethnical, racial or religious group, as such” and the physical element which includes five acts described in sections a, b, c, d and e. A crime must include both elements to be called “genocide.”;
Killing members of the group;
Causing serious bodily or mental harm to members of the group, includes inflicting trauma on members of the group through widespread torture, rape, sexual violence, forced or coerced use of drugs, and mutilation;
Deliberately inflicting on the group conditions of life calculated to bring about its physical destruction in whole or in part;
Imposing measures intended to prevent births within the group;
Forcibly transferring children of the group to another group.
What is happening to South Africa’s white farmers meets these criteria.
Article II describes two elements of the crime of genocide:
The mental element, meaning the “intent to destroy, in whole or in part, a national, ethnical, racial or religious group, as such” and the physical element which includes five acts described in sections a, b, c, d and e. A crime must include both elements to be called “genocide.”;
Killing members of the group;
Causing serious bodily or mental harm to members of the group, includes inflicting trauma on members of the group through widespread torture, rape, sexual violence, forced or coerced use of drugs, and mutilation;
Deliberately inflicting on the group conditions of life calculated to bring about its physical destruction in whole or in part;
Imposing measures intended to prevent births within the group;
Forcibly transferring children of the group to another group.
What is happening to South Africa’s white farmers meets these criteria.
giovedì 7 maggio 2020
Il M5S mette l'Italia nelle mani della Cina comunista
Cominciamo con il dire che a causa dell'azione politica e geopolitica del governo presieduto da Giuseppe Conte (e di cui è un protagonista importante il Movimento Cinque Stelle), l'Italia è adesso un problema politico e strategico. L'Italia si sta dimostrando, appunto, il ventre molle dell'Occidente. Però, facciamo un passo indietro al 2018. Quando il presidente comunista cinese, Xi Jinping, ha rimesso in auge un’organizzazione, il Fronte Unito. è un fronte popolare di partiti minoritari, guidati dal partito comunista cinese. Oltre al partito comunista cinese, comprende otto partiti minori e la Federazione dell'Industria e del Commercio di tutta la Cina. È gestito dal Dipartimento del Lavoro del Fronte Unito (in cinese: 中共中央 统战部) del Comitato centrale del Partito Comunista Cinese. Il Fronte Unito è rappresentato insieme ad altre organizzazioni come sindacati, organizzazioni femminili e giovanili, ecc. nella Conferenza politica consultiva del popolo cinese. La sua attuale capo dipartimento è You Quan. Il Fronte Unito non ha alcun potere reale indipendente dal partito comunista cinese. I suoi leader sono per lo più selezionati dal partito comunista cinese, o sono essi stessi membri del partito comunista cinese. I partiti membri sono quasi completamente sottomessi al partito comunista cinese e devono accettare il suo "ruolo guida" come condizione per loro esistenza. Gli organismi che fanno parte del Fronte Unito sono:
Comitato Rivoluzionario del Kuomintang (中国国民党革命委员会(ZH) )
Lega Democratica Cinese (中国民主同盟(ZH) )
Associazione di Costruzione Nazionale Democratica della Cina (中国民主建国会(ZH) )
Associazione Cinese per la Promozione della Democrazia (中国民主促进会(ZH)
Partito Democratico Cinese dei Contadini e dei Lavoratori (中国农工民主党(ZH)
Partito della Cina per l'Interesse Pubblico (中国致公党(ZH) )
Società 3 Settembre (九三学社(ZH) )
Lega Autogovernativa e Democratica di Taiwan (台湾民主自治同盟(ZH) )
Federazione dell'Industria e del Commercio di tutta la Cina (Zhonghua Quanguo Gongshangye Lianhehui)
L'unica ragione d'esistenza del Fronte Unito è nell'ingannare gli osservatori occidentali, dandogli una falsa idea di pluralismo, facendogli credere che la Cina non sia più uno stato comunista ed a partito unico. Il Fronte Unito è, unicamente, un apparato di propaganda diretto verso l'estero e finalizzato a convogliare il consenso dei politici e dei giornalisti socialisti e socialdemocratici occidentali. Il Fronte Unito ha risorse finanziarie illimitate, ha arruolato simpatizzanti in tutto il mondo in molti ambienti, dagli accademici ai giornalisti e ai politici. Questa rete fa sì che, quando viene criticata la Cina comunista, ci siano sempre accademici, anche in campo medico, e giornalisti anche autorevoli pronti a difendere la Cina, anche con articoli che dicono “non è il momento di fare polemiche o fare accuse, bisogna lavorare uniti” (non vi ricordano gli analoghi "appelli" di Conte, di Nicola Zingaretti, di Luigi Di Maio rivolti all'opposizione di centrodestra?). Una parte importante di questo apparato è stata dispiegata all’ONU, dove vale il principio che un voto vale uno. Cioè Andorra conta quanto gli Stati Uniti. Pechino ha legato a sé a paesi suoi debitori, soprattutto in Africa, che, come si dice, tiene per il collo e che votano come la Cina con la Cina. Ha stretto alleanze con governi che vanno dalla Russia al Venezuela e alla Siria, che votano con la Cina. Si è assicurata, come abbiamo già visto, un comunista etiope come presidente dell’Organizzazione mondiale della sanità. Verso l'Italia la Cina comunista ha dispiegato una decisa azione di propaganda, trovando sponde politiche nel Movimento Cinque Stelle, nel Partito Democratico di Zingaretti e nel partito di Matteo Renzi, Italia Viva. Sappiamo che, ad esempio Renzi, è andato in Cina. Non solo ci sono giornalisti italiani, ma anche accademici sempre pronti a difendere la Cina comunista. In Australia, dove si è andati a fondo, si sono scoperti molti scienziati che sono a Pechino. In Italia c’è stata e c'è una penetrazione nel mondo politico senza eguali tra i grandi paesi occidentali. Pensiamo alle cene, a novembre del 2019, di Beppe Grillo con l’ambasciatore di Pechino a Roma Li Junhua. Alle lodi che sempre Grillo fa al governo comunista cinese ogni volta che può sul suo blog. Alle visite che il ministro degli esteri Di Maio ha fatto in Cina. La comunione d’intenti tra il M5S e la Cina comunista è impressionante: il M5S (così come il governo presieduto da Conte), infatti, prende a modello organizzativo e politico il governo comunista di Xi Jinping. Sul blog grillino era stato pubblicato un articolo nel quale i centri di rieducazione attraverso il lavoro dello Xinjiang, dove sono stati incarcerati senza processo 1,8 milioni di persone di etnia uiguri, sono stati definiti "centri di formazione professionale". Anche per quel che riguarda le proteste di Hong Kong, il M5S si è dimostrato un fedele alleato del partito comunista cinese. Infatti, il ministro Di Maio aveva affermato che "noi in questo momento non vogliamo interferire nelle questioni altrui e quindi, per quanto ci riguarda, abbiamo un approccio di non ingerenza nelle questioni di altri Paesi". Però, ad essere importante, è soprattutto una lettera aperta al Fatto Quotidiano scritta da un esponente di punta del M5S: Alessandro Di Battista. L’Italia – osserva Di Battista – vanta “un rapporto privilegiato con Pechino che, piaccia o non piaccia, è anche merito del lavoro di Di Maio”. Di Battista aggiunge che il prossimo futuro riserverà mutamenti epocali degli equilibri internazionali: “la Cina vincerà la terza guerra mondiale senza sparare un colpo”. La Cina, prosegue Di Battista, uscirà meglio di ogni altra potenza dalla crisi covid-19, anche sotto il profilo dell’immagine: “la Cina ha utilizzato al meglio il soft power, è riuscita a trasformare la sua immagine da untore ad alleato”. Una tattica come questa evocata dall’esponente M5S trasforma l’Italia nel cavallo di Troia della Cina comunista in Europa. Oltre che una strumentalizzazione indifendibile è, questo, un grave ridimensionamento per l’Italia, che diventerebbe pedina del governo comunista cinese nel quadro dei giochi politici in Occidente. Appare sinistra, in questo senso, l’asserzione di Di Battista secondo cui “la Cina vincerà la terza guerra mondiale”, in quanto ila Cina mira a stabilire sull'Italia una forma di dominio, si propone di imporvi il proprio modello politico e sociale. Si allude anche, probabilmente, all’idea di vendere parte del debito pubblico italiano alla Cina comunista e di fatto si prospetta la trasformazione dell’Italia in una colonia cinese. Tenuto conto di questa circostanza, appare grave che il M5S guardi a Pechino come punto di riferimento. Era dal crollo dell’Unione Sovietica che una forza politica italiana non guardava ad uno stato - canaglia comunista come modello e alleato. Questa infatuazione del M5S per il “modello Cina” costituisce una grave regressione del livello della politica italiana cui noi anticomunisti guardiamo con preoccupazione.
mercoledì 6 maggio 2020
Donald Trump blocca i finanziamenti Usa per l’Organizzazione mondiale della sanità: «Ha insabbiato l’epidemia»
Lo stop per ora è temporaneo, ma, potrebbe diventare definitivo. Noi speriamo che diveti definitivo. Almeno finché permangono alcune questioni relative all'Organizzazione mondiale della sanità. Donald Trump ha deciso di bloccare i finanziamenti statunitensi per l’Organizzazione mondiale della sanità: secondo il Presidente statunitense, l’organismo sanitario globale "ha fallito nel suo dovere e deve essere ritenuto responsabile" di una cattiva gestione della pandemia di coronavirus. Donald Trump ha incolpato l’Oirganizzazione mondiale della sanità per aver sostenuto la "disinformazione" della Cina comunista sul virus dopo l'esplosione dell’epidemia nella città cinese di Wuhan. Il Presidente Trump ha affermato giustamente che il coronavirus, che ha infettato quasi due milioni di persone in tutto il mondo, avrebbe potuto essere contenuto se l’Organizzazione mondiale della sanità fosse stata più competente e non avesse aiutato il governo comunista cinese a "insabbiare" l’emergenza. Gli Stati Uniti sono i maggiori finanziatori dell’Organizzazione mondiale della sanità: a febbraio, l’amministrazione Trump aveva chiesto che il contributo americano venisse ridotto da 122,6 milioni di dollari (l’equivalente di 111,8 milioni di euro) a 54,9 (50 milioni di euro). L’Organizzazione mondiale della sanità, invece, con un offensivo disprezzo per la verità, aveva elogiato la Cina per la sua trasparenza sulla pandemia. Purtroppo, Pechino è un altro importante finanziatore dell'Organizzazione, e questo praticamente annulla l’indipendenza necessaria all’agenzia dell’Onu per svolgere adeguatamente il proprio ruolo. Non a caso, il Presidente Trump era stato attaccato dall'Organizzazione mondiale della sanità quando aveva emesso un divieto sugli ingressi dei viaggiatori dalla Cina comunista. Infatti, l'attuale direttore generale dell'Organizzazione mondiale della sanità è Tedros Adhanom, un membro anziano (il Tigraionline lo ha elencato come il terzo membro più importante del comitato permanente del politburo) del del Fronte di Liberazione del Tigrè ( “Tigray People’s Liberation Front”, TPLF), un partito rivoluzionario comunista etiope, d'orientamento maoista. Secondo Trevor Loudon, un esperto di movimenti e gruppi comunisti, l’’ideologia del Tigrè "era molto vicina a quella dell’attuale Corea del Nord". Nel 1991, mentre il governo comunista di Mènghistu Hailé Mariàm, detto il Negus Rosso perdeva il sostegno finanziario dell’Unione Sovietica che stava crollando, una coalizione tra il Fronte di Liberazione del Tigrè con altri due partiti etnici ha deposto Mènghistu. Nel corso del tempo, il TPLF ha iniziato a esercitare sempre più influenza sulle altre due parti. La maggior parte dei generali militari e leader chiave all’interno del governo erano del Tigray, incluso il Primo Ministro che governò il paese per 21 anni prima della sua morte. I Tigray rappresentano solo il 6% della popolazione dell’Etiopia, uno dei principali gruppi etnici sono gli Amhara, che avevano costituito principalmente il regime di Mènghistu. Il trattamento favorevole sotto Mènghistu aveva creato molto risentimento verso l’Amhara da parte degli altri gruppi etnici come ad esempio quello dell’Oromo. Il Fronte di Liberazione del Tigrè è il partito che nel suo manifesto del 1968 definiva il popolo dell’Amhrara il suo “eterno nemico”.Il TPLF è stato classificato un’organizzazione terroristica dal governo degli Stati Uniti negli anni ’90 ed è ancora oggi catalogato come membro del Database del Terrore Globale, a causa della sua ostinata abitudine di eseguire assalti armati nelle aree rurali. Il popolo dell’Amhara ha denunciato discriminazioni sistematiche e violazioni dei diritti umani da parte dell’attuale governo. “Humans Rights Watch” nel 2010 ha scritto un rapporto su come gli aiuti sotto forma di cibo e fertilizzanti sono stati vietati agli abitanti dei villaggi locali dell’Amhara a causa delle loro affiliazioni con il partito di opposizione. Altre forme di rifiuto dell’aiuto hanno comportato il rifiuto dell’assistenza sanitaria di emergenza da parte del ministero degli operatori sanitari; lo stesso ministero che all’epoca era guidato da Tedros Adhanom. L’Amhara People’s Union, un gruppo di attivisti con sede a Washington, ha rivolto molte altre accuse di violazioni dei diritti umani contro il governo guidato dal TPLF, compreso il fatto che i tassi di natalità nella regione di Amhara erano molto più bassi di quelli riscontrati in altre regioni. In una sessione del parlamento etiope hanno osservato che circa 2 milioni di Amhara sono “scomparsi” dal censimento della popolazione. Secondo Loudon, sebbene in superficie il governo abbia varato riforme di mercato e istituito formalmente elezioni democratiche, ideologicamente è rimasto comunista, soprattutto in termini di politica estera: "Continuano a mantenere i loro legami con i comunisti stranieri", aveva spiegato in un’intervista. Tedros Adhanom, dapprima ministro della sanità (dal 2002 al 2012) e successivamente ministro degli esteri dell'Etiopia, ha sempre mantenuto forti legami con il partito comunista cinese, abbracciando (come il governo italiano di Giuseppe Conte) di recente progetti come la "Nuova Via della Seta", che serve al partito comunista cinese per estendere la sua influenza geo-strategica nel mondo. Tedros Adhanom è riuscito a diventare il direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità nel 2017, con il forte sostegno del partito comunista cinese, nonostante sia stato accusato di aver occultato le epidemie di colera durante il suo mandato come ministro della sanità etiopica. Un focolaio di colera si diffuse nella regione nel 2007, colpendo migliaia di persone nei paesi vicini. Al momento dello scoppio dell’epidemia in Etiopia, il governo ribattezzò semplicemente l’epidemia e la definì "diarrea acuta", “Acute Watery Diarrhea” (AWD). Le organizzazioni internazionali furono messe sotto pressione per evitare che lo definissero colera (nonostante le Nazioni Unite avessero individuato il virus infetto), così come si intimò ai dipendenti pubblici di non rivelare il numero di infetti. Nel 2012 Tedros Adhanom fu nominato ministro degli Esteri e attuò immediatamente una repressione verso gli oppositori del governo, compreso un tentativo di estradare coloro che erano fuggiti in esilio nello Yemen. I due paesi avviarono anche negoziati per rintracciare e espellere i dissidenti dallo Yemen e imprigionarli in Etiopia. Tedros Adhanom stesso guidò questi negoziati, lo attesta anche una fotografia dei suoi colloqui avuti col ministro degli Esteri yemenita. Come ha fatto, perciò, un uomo con un curriculum come quello di Tedros Adhanom a diventare direttore dell’Organizzazione mondiale della sanità? In realtà è abbastanza semplice, l’Organizzazione mondiale della sanità stata coinvolta in numerosi scandali da diverso tempo. Di fronte ad aumenti di budget quasi irrilevanti negli anni Novanta, l’Organizzazione mondiale della sanità si rivolse al settore delle imprese per ottenere finanziamenti aggiuntivi e dal 2008 le donazioni delle imprese sono salite al 80% nel budget dell’organizzazione. Secondo la ricercatrice sanitaria Soniah Shah, il ruolo svolto dalle grandi aziende farmaceutiche nel definire la politica sanitaria globale ha creato gravi conflitti di interessi, perché mentre da un lato migliora l’immagine pubblica delle aziende, dall’altro favorisce i loro interessi finanziari. Il grave stanziamento scorretto di fondi da parte dell’organizzazione è stata resa più evidente nel 2016, quando si è constatato che l’Organizzazione mondiale della sanità spendeva $ 200 milioni all’anno in spese di viaggio, non includendo nemmeno quelle pagate dal paese ospitante. La Fondazione Bill & Melinda Gates ha svolto un ruolo importante nella promozione di Tedros Adhanom. Dopo i loro ingenti investimenti in programmi sanitari in Etiopia che Tedros Adhanom aveva facilitato, la fondazione desiderava promuovere programmi simili a livello globale e donò miliardi all’Organizzazione mondiale della sanità a tal fine. La nomina di qualcuno così profondamente non qualificato come Tedros Adhanom deve anche molto alla struttura labirintica del processo di nomina dell’Organizzazione mondiale della sanità. Il direttore è selezionato dal consiglio di amministrazione, che a sua volta è nominato da una minoranza a rotazione dell’Assemblea, composta da ministri della sanità nominati dai governi mondiali. L’Organizzazione mondiale della sanità ha quindi lo stesso problema di molte altre istituzioni globali, dove il direttore è un incaricato, emissario di qualcuno. Naturalmente i media di propaganda hanno ritratto Tedros Adhanom come una personalità venerabile, insignita di una missione etica, al fine di curare le malattie mortali del mondo. Lo slogan per la sua campagna elettorale su Twitter ripeteva che “è tempo che un africano guidi l’OMS”. Rebecca Myers, giornalista di spicco del Sunday Times, ha scritto in quell’occasione: "I diplomatici cinesi hanno condotto un’accesa campagna per l’etiope, usando le leve finanziarie di Pechino e il suo opaco sistema di aiuti finanziari per costruire un sostegno per lui tra i Paesi in via di sviluppo". Tedros Adhanom ha anche usato e strumentalizzato la debolezza dell’Occidente verso le accuse di "oppressione" e "discriminazione". Quando un consigliere del suo contendente britannico alla leadership dell’Organizzazione mondiale della sanità aveva stigmatizzato l’insabbiamento dell'epidemia del colera nell'Etiopia, lo ha accusato di avere una "mentalità coloniale". Alcune obiezioni hanno sottolineato che il direttore generale ha scarso potere sull’attuale politica dell’Organizzazione mondiale della sanità, però, ciò non tiene conto del fatto che l’organizzazione è accettata come autorità globale in materia di salute e consiglia i governi mondiali. La cattiva gestione dell’Organizzazione mondiale della sanità attraverso persone come Tedros Adhanom ha aggravato totalmente la pandemia globale di coronavirus. Tedros Adhanom non solo ha individuato tutte le opportunità per lodare la gestione della crisi da parte del partito comunista cinese, anche mentre i medici venivano arrestati e le persone blindate all’interno delle loro case; ha anche dato consigli completamente contraddittori. Prima di tutto affermando che i paesi non avrebbero dovuto limitare i viaggi da e verso la Cina per non fare discriminazione, per poi, subito dopo, rimproverarli per non aver fatto abbastanza per la prevenzione. In un mondo sano, invece di guidare un’organizzazione globale, Tedros Adhanom sarebbe processato presso il Tribunale penale internazionale, processato per i suoi crimini e, se ritenuto colpevole, dovrebbe passare il resto della sua vita in carcere. Tutto questo dovrebbe essere più che sufficiente a giustificare le critiche statunitensi nei confronti dell'Organizzazione mondiale della sanità. Invece, il segretario generale delle Nazioni Unite, il socialista portoghese Antonio Guterres, dopo avere saputo della decisione del Presidente Trump, ha obiettato quanto sia necessario mantenere "l’unità della comunità internazionale per lavorare insieme in maniera solidale per fermare il virus e le sue conseguenze". Insomma, questi socialisti europei così arrendevoli e cosi rinunciatari nel confronti della Cina comunista, sono quei politici e quei giornalisti socialisti e socialdemocratici (i quali, come diremo in un prossimo articolo, sono diffusi anche in Italia) che Vladimir Lenin definiva come "utili idioti dell'Occidente". Il Presidente Trump è invece un grande conservatore liberale risoluto che cancellato con poche mosse la debolezza di Barack Obama.
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Via della seta
martedì 5 maggio 2020
La "Nuova via della seta" è un accordo antinazionale. Va cancellato
Innanzitutto vediamo che cos'è la cosiddetta "Nuova via della seta". La Nuova via della seta (in cinese comunemente: 一带一路S, yī dài yī lù, un nastro una via) è un'iniziativa della Repubblica Popolare Cinese comunista, apparentemente per il miglioramento dei suoi collegamenti commerciali con i paesi nell'Eurasia e, sempre apparentemente, a vantaggio sia della Cina comunista che dei paesi europei coinvolti. Comprende le direttrici terrestri della "zona economica della via della seta" e la "via della seta marittima del XXI secolo" (in cinese: 丝绸之路经济带和21世纪海上丝绸之路, Sīchóu zhī lù jīngjìdài hé èrshíyī shìjì hǎishàng sīchóu zhī lù; nota anche in inglese come BRI, Belt and Road Initiative o OBOR, One belt, one road, ”una cintura una via”). Il governo italiano in carica presieduto da Giuseppe Conte e mediante l'operato del ministro degli esteri pentastellato Luigi Di Maio ha aderito a questa "Nuova via della seta". Ovvero, questo governo (da cui ci vergogniamo d'essere governati e crediamo che l'Italia non si meriti un governo come questo) ha sottoscritto un accordo che non soltanto non è vantaggioso per l'Italia (non stabilisce clausole vincolanti per le due controparti) ma, non ha nemmeno una natura squisitamente commerciale. Infatti, mira ad accrescere l’influenza politica ed economica del partito comunista cinese nella nostra Nazione. Xi Jinping aveva addirittura firmato un lunghissimo intervento di presentazione delle potenzialità di questo accordo su ‘Corriere della Sera’, intervento prontamente rilanciato nella sua stesura integrale dalla voce ufficiale (in lingua inglese) del Governo cinese, il ‘Global Times’. Intervento che merita davvero leggere, perché, al di là delle frasi di rito, Xi trasmette alcuni messaggi politicamente molto pesanti. il presidente Giuseppe Conte, alla Camera e al Senato, aveva difeso la "Nuova ia della seta", sottolineando che la firma non avrebbe cambiato la collocazione -atlantica dell’Italia. Invece, la "Nuova via della seta" è un progetto che punta ad allontanare l'Italia dalle sue alleanze atlantiche con gli Stati Uniti e la Gran Bretagna. "Un conto sono degli accordi commerciali specifici, un altro conto è firmare un memorandum d’intesa su un progetto che gli Stati Uniti, e non solo, ritengono avere anche fini politici", ha dichiarato il politologo Edward Luttwak. Mentre, il Consiglio per la Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti aveva mandato un chiaro messaggio all’Italia tramite il proprio account Twitter: "Appoggiare la Nuova Via della Seta conferirà legittimità all’approccio predatorio della Cina nell’ambito degli investimenti e non porterà alcun beneficio alla popolazione italiana". Dunque, l'obiettivo della "Nuova via della seta" non è quello di favorire lo scambio di merci. Noi pensiamo che insieme alla “Nuova via della seta” ci sia la promozione di un nuovo modello politico e sociale illiberale. Peccato che la cosiddetta "Nuova via della seta" per il ministro Di Maio sia, soltanto, "una grande opportunità per riequilibrare la bilancia commerciale". Ritornando dal tema sociale a quelli economici, inoltre, con la "Nuova via della seta" la Cina comunista è entrata oltre venti imprese private o partecipate nazionali. Senza contare i porti strategici, l’accordo ha coinvolto anche Snam, Cdp, Fincantieri, Eni, Enel, Unicredit e Banca Intesa. Un caso allarmante è quello dell’azienda statale Leonardo. Leonardo opera nell’ambito aerospaziale, della difesa e della sicurezza; produce jet militari, elicotteri e munizioni, ed è partner di lunga data dell’esercito italiano. La "Nuova via della seta" non serve ad aumentare il traffico di merci verso la Cina, ma ad aumentare le esportazioni di Pechino verso il resto del mondo, oltre che la sua influenza politica e sociale. Infatti uno dei principali obiettivi a lungo termine stabiliti da Xi Jinping per la Cina comunista è il cosiddetto Made in China 2025 (di cui il regime cinese non ha più parlato dopo l’inizio della guerra commerciale con gli Stati Uniti), un piano economico che mira a ridurre drasticamente le importazioni di merci straniere entro il 2025. "I Paesi che fanno accordi di questo tipo con la Cina finiscono per importare più prodotti cinesi, non per esportare di più", ha dichiarato Luttwak, sottolineando che "i cinesi non importano dall’estero quello che possono fare in casa loro". Un articolo pubblicato dal Blog delle Stelle, il magazine ufficiale dell’M5S, afferma per l’appunto che il movimento vuole "aiutare le nostre aziende a esportare il Made in Italy, le nostre eccellenze, il nostro know-how in un mercato che in questo momento ce lo chiede". Peccato che una volta acquisito il know-how sufficiente, la Cina non avrà più alcun interesse ad importare merci italiane, che verranno prodotte in Cina con costi e prezzi inferiori. Per ridare impeto all’economia, secondo Luttwak, "l’unica ricetta che serve all’Italia è meno tasse, regole più semplici sul lavoro, finanza privata per opere pubbliche". Inoltre, Per completare il corridoio marittimo della Nuova Via della Seta, Pechino ha bisogno di uno sbocco vicino al cuore dell’Europa centrale: per questo è fortemente interessata ai porti di Genova, Trieste (perché è l’unico porto europeo che gode di extraterritorialità doganale), Palermo, Ravenna. Che si aggiungerebbero al gruppo degli altri porti europei controllati dalla Cina (Pireo, Rotterdam e Anversa). Il Portogallo invece ha concesso lo sbocco nel porto di Sines, sulla costa meridionale e poco distante dallo Stretto di Gibilterra che la Cina comunista userà sicuramente in funzione anti-britannica. Il timore sui porti è che la sicurezza italiana potrebbe essere messa a repentaglio (insieme alla collocazione atlantica dell’Italia) dalle attività cinesi, perché i porti alla Cina potrebbero servire, al di là degli interessi commerciali, agli scopi militari. La Cina potrebbe sviluppare nei porti commerciali strutture che servono per i suoi obiettivi strategici. In un intervento sul ‘Corriere della Sera’ Xi Jinping, riservava un passaggio sui risvolti geopolitici dell’accordo, affermando: "Lavorando insieme, promuoveremo i nostri interessi comuni, sosteniamo il multilateralismo e il libero scambio e salvaguardiamo la pace, la stabilità, lo sviluppo e la prosperità del mondo». Dichiarazione che ha tutta l’aria di un invito provocatorio proprio su quel che Conte escludeva, ovvero lo spostamento dell’Italia dalla sua collocazione atlantica. Cosa che noi anticomunisti non ammettiamo e non accettiamo. Siamo e saremo sempre avversari giurati della Cina comunista. Riprendendo il filo principale del discorso, i presidenti di Confcommercio e Conftrasporto avevano scritto una lettera (rimasta, a quanto ci risulta completamente inascoltata) indirizzata al presidente Giuseppe Conte e al ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture Danilo Toninelli per invitare il governo alla massima prudenza in merito all’accordo Italia-Cina: "L’Italia sarebbe l’unico Paese di particolare rilevanza a siglare un’intesa, considerato che, sempre di più, l’Unione europea evidenzia il disegno egemonico sotteso a tale progetto […] Se poi dovessimo aggiungere la perdita della piena sovranità nazionale sulle infrastrutture strategiche portuali e ferroviarie, rischieremmo di pregiudicare quell’economia del mare che è fondamentale per il nostro Paese". Saggiamente il precedente ministro degli Interni, Matteo Salvini, aveva invitato alla prudenza menzionando l’acquisizione cinese del porto greco del Pireo e le conseguenze che sta avendo in termini di condizionamento e presenza cinese in Grecia. Aveva aggiunto "Io prima di permettere a qualcuno di investire sul porto di Trieste o Genova ci penso, non una, ma cento volte". Non ci risulta che il presidente Conte e il ministro Di Maio abbiano ascoltato e recepito l'osservazione di Salvini. In merito all’intera "Nuova via della seta", il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia (secondo una logica apolitica su cui i comunisti cinesi puntano assai) aveva dichiarato: "È un’opportunità se puntiamo su un’industria forte che va anche a vendere in Cina e non trasformiamo l’Europa in un continente di consumatori che comprano solo prodotti cinesi. Servono degli accorgimenti; per esempio il porto di Trieste è un asset strategico del Paese e non può essere parte di una società dove ci sono dentro altri Paesi". Purtroppo, le cose non stanno affatto in questo modo. Secondo uno studio pubblicato il 4 marzo 2018 dal Center for Global Development, la Belt and Road Initiative (Nuova Via della Seta) ha trascinato intenzionalmente molti dei Paesi coinvolti nell’iniziativa in una ‘trappola del debito’, con l’obiettivo di renderli di fatto vassalli del regime comunista cinese. La Banca degli Investimenti Cinese per le Infrastrutture (Aiib) ha infatti finanziato la costruzione di grandi opere infrastrutturali legate alla Nuova Via della Seta, elargendo ‘generosi’ prestiti a molti Paesi; tuttavia, in diversi casi le conseguenze sono state drammatiche. Citando Cnbc e Cnn lo studio afferma che, tra i 68 Paesi che si sono impegnati a collaborare con il Partito Comunista Cinese, 23 si sono trovati rapidamente in uno stato di grave indebitamento. Per esempio, lo Sri Lanka a causa dell’impossibilità di onorare il debito contratto con il partito comunista cinese, è stato costretto a cedere i diritti di controllo dell’importantissimo porto di Hambantota ai cinesi già a dicembre 2017. Il Financial Times ha scritto che il porto di Hambantota è costato 1,3 miliardi di dollari ed è stato costruito da un’azienda statale del partito comunista cinese. Da quando ha aperto, il bilancio del porto è stato sempre in rosso. Lo Sri Lanka quindi, non potendo in alcun modo saldare il debito, ha dovuto firmare una concessione della durata di 99 anni alla Repubblica Popolare Cinese, con evidenti ripercussioni sulla sua sovranità nazionale. Secondo lo studio, otto nazioni (Pakistan, Gibuti, Maldive, Laos, Mongolia, Montenegro, Tagikistan e Kirghizistan) delle 23 che si sono già fortemente indebitate con Pechino, dovranno affrontare presto una crisi del debito pubblico. In particolare gli Stati che rischiano maggiormente sono quelli più piccoli e meno forti economicamente. Purtroppo, come vediamo ogni giorno, la condizione dell’Italia non è diversa rispetto a quella dei Paesi satelliti di Pechino che sono già caduti nella "trappola del debito" cinese. Pur essendo la terza economia più importante dell’eurozona; l'Italia ha già un enorme debito pubblico, il terzo più elevato al mondo. Riassumendo, il progetto “New Silk Road”, o “Belt and Road”, è una delle più importanti iniziative di politica estera e commercio di Xi Jinping. Certamente, combina elementi di un progetto commerciale (o di crescita economica), insieme a un progetto politico. Per molti decenni dopo che la repubblica popolare cinese fu istituita nel 1949, la Cina si isolò dai sistemi commerciali e politici internazionali. La rottura con l’Unione Sovietica negli anni Sessanta ha eliminato le interazioni economiche della Cina con molti paesi comunisti dell’Europa orientale, lasciandola con un numero ancora minore di partner commerciali. Durante questo periodo gran parte del coinvolgimento della Cina negli affari del mondo si riferiva al suo sostegno a movimenti rivoluzionari come il sostegno che forniva ai comunisti in alcuni paesi del sud-est asiatico. Dopo che purtroppo la Cina ha iniziato a uscire dal suo isolamento negli anni Settanta, ha iniziato a riunirsi in organizzazioni internazionali a partire dalle Nazioni Unite e nel 2002 è diventata membro dell’Organizzazione mondiale del commercio.Tuttavia, la Cina ha assunto di rado un ruolo di guida nelle organizzazioni internazionali, sebbene fosse apertamente contraria a qualsiasi indagine nei suoi affari interni. Negli ultimi anni, iniziando con Hu Jintao e accelerando sotto Xi Jinping, la Cina ha iniziato a cambiare il suo ruolo all’interno delle organizzazioni internazionali. Almeno per le questioni commerciali, la Cina è sempre più un sostenitore delle organizzazioni internazionali e degli accordi multilaterali, usandole, dapprima quali cavalli di Troia e, succesivamente, come grimaldelli. Di fatto, ha già avviato o sta negoziando molti accordi commerciali bilaterali o multilaterali. Altri tipi di organizzazioni internazionali come l’Organizzazione Mondiale della Sanità o Interpol, sono diventate anche entità in cui la Cina ha assunto un ruolo di leadership di alto profilo. Soprattutto, si tratta di bloccare le indagini sugli affari interni della Cina, e spesso è anche quello di garantire che Taiwan (ovvero l'unica Cina per noi legittima, quella nazionalista) non partecipi come membro a nessuna organizzazione internazionale che richiede statualità. Perciò, il progetto Belt and Road è un altro esempio della Cina che cerca di affermare un ruolo di leadership globale. Per questo la Cina potrà strumentalizzare ed usare l'Italia per incoraggiare altri paesi a sottomettersi e diventare un satellite cinese com'è l'Italia. Per dirla semplicemente, la Cina sarà in grado di dire ad altri paesi: “L’Italia, un paese del G7 e una delle più grandi economie del mondo, è un partecipante, quindi non c’è nulla da temere”. In Cina esiste una percezione che, tra i paesi del G7, l’Italia soffra ancora delle conseguenze economiche e politiche della crisi finanziaria del 2008. Questo rende l’Italia un obiettivo logico per la Cina. Trasformare l’Italia in un cavallo di Troia di Pechino. Lo vedremo, anche se speriamo di non vederlo mai, quando l’Italia (diventata un fantoccio nelle mani del ventriloquo Xi Jinping) sosterrà (o si opporrà) in organizzazioni internazionali a vantaggio della Cina e contro gli Stati Uniti. Il presidente Conte e il ministro Di Maio non hanno scuse per aver negoziato un cattivo affare con la Cina. Gli obblighi legali dell’Italia nei confronti della NATO, e gli Stati Uniti, sono cruciali per il ruolo dell’Italia , e noi anticomunisti atlantici intransigenti non vogliamo che il governo Conte lo comprometta. Vogliamo in qualsiasi modo o maniera per l'Italia un governo che cancelli gli indegni accordi con lo stato - canaglia comunista.
lunedì 4 maggio 2020
La Cina comunista è il nemico dell'Occidente
Ieri come oggi, la Cina è il nemico che l'Occidente deve prepararsi ad affrontare. Sì, perché non solo la Cina non ha mai abbandonato la propria identità comunista dopo la campagna di “riforma e apertura” del 1978, ma dopo la salita al potere di Xi Jinping tale identità è stata rinsaldata. Gli studiosi, i gionalisti e gli uomini politici occidentali che credono che la Cina non sia più comunista commettono un errore fatale. Essi lo commettono o perché appartengono a partiti che occupano lo spazio politico del centrosinistra (come il Partito Democratico italiano e, soprattutto, il Movimento Cinque Stelle) o per superficialità. Infatti, anche dopo il 1978, i leader cinesi non hanno mai negato l’identità comunista del sistema politico cinese. I leader del Partito dedicano, appunto, lunghe ore allo studio dei motivi per cui l’Unione Sovietica è crollata. Uno di questi, secondo Xi Jinping, è stato la critica nei confronti di Stalin. La Cina, ha insiste Xi, non deve "mai dimenticare gli insegnamenti del presidente Mao, di Lenin e di Stalin" e non cedere alla tentazione di criticare Mao come alcuni leader sovietici hanno fatto con Stalin. Xi, insieme ai suoi predecessori, ritiene che Mao sia "un grande marxista" e che "i suoi successi occupano il primo posto". Mentre, la base dell’autorità comunista non è mai scomparsa. Ogni attività politica e sociale è controllata dal PCC secondo un rigido modello leninista e stalinista. Anche, l'approdo all'economia di mercato è più un camuffamento ad uso degli occidentali che qualcosa di autentico. In quanto, in ogni attività privata, comprese le sezioni cinesi di imprese straniere, il PCC inserisceo una cellula del Partito, il cui potere è parallelo e spesso maggiore di quello del management. Xi Jinping considera che, proprio come con la Nuova politica economica (NPE) di Lenin inaugurata nel 1921, in Cina con Deng Xiaoping si è resa necessaria una deviazione temporanea attraverso l'economia di mercato, a causa della povertà del Paese. Non a caso, La propaganda continua a seguire modelli sovietici e maoisti». Giornalisti e scrittori, secondo Xi Jinping, debbono «amare il Partito, proteggere il Partito e servire il Partito». Xi parla anche di Internet: ciascuna università deve fornire una quota di persone per raggiungere il numero di dieci milioni e mezzo di «volontari che civilizzino Internet», in altre parole di troll che invadano i social media a livello internazionale per martellarvi la propaganda del PCC. Così come quella che Xi denomina come "campagna contro la corruzione". In Occidente si equivoca, spesso volutamente, sul suo significato. Benché alcuni dirigenti locali siano stati arrestati per aver accettato delle tangenti, In realtà, la campagna è contro la "corruzione ideologica", contro chi non è abbastanza marxista. Coloro che non dedicano tempo a studiare il marxismo e i lavori di Xi Jinping, possono, dunque, finire nei campi di rieducazione o in carcere. Anche la vita quotidiana è gestita dal PCC, in ogni settore. A questo proposito, Xi Jinping ha a propria disposizione strumenti tecnologici quali il riconoscimento facciale e database enormi che consentono il sistema di credito sociale. A questo punto facciamo una brevissima digressione: quanto abbiamo appena affermato non vi ricorda il modo antiliberale (ci riferiamo, per esempio, all'irruzione della STASI - acronimo con cui si denominava la polizia politica della repubblica comunista tedesca - in versione italiana in una chiesa) in cui Giuseppe Conte e Luigi Di Maio stanno, secondo loro, "affrontando" l'epidemia del coronavirus? Rifletteteci. Sia l'irruzione in una chiesa che la chiusura delle scuole, operate dal governo purtroppo attualmente in carica sono "casualmente" coerenti (in scala ridotta, logicamente, perché il sistema è quello dello sfogliamento della cipolla) con due delle "direttive" del comunismo cinese. In uno dei suoi discorsi più importanti a proposito della religione, Xi Jinping ha presentato se stesso e il PCC come "atei marxisti inflessibili". Egli considera tutte le religioni, ma il Cattolicesimo, ed il Cristianesimo in generale, più delle altre, come potenziali nemici del Partito, che per il momento debbono essere controllati strettamente e nel lungo periodo eliminati. I membri del PCC vengono espulsi dal Partito non solo se hanno una qualsivoglia forma di credo religioso, ma anche se hanno familiari o amici stretti che siano credenti. Xi Jinping afferma che il marxismo è una “fede” e come tale incompatibile con tutte le altre forme di fede. Mentre, con Xi Jinping, lo studio del marxismo-leninismo è più importante di prima e bisogna studiare anche il pensiero proprio di Xi. I docenti che mostrino una qualche forma di critica o di indipendenza perdono il posto o “scompaiono”, ma vengono liquidati anche campi considerati inoffensivi ma “non utili” per il PCC, per esempio lo studio accademico della poesia cinese prerivoluzionaria. È vero che Xi ama citare la millenaria “cultura cinese”, ma è soltanto un ulteriore camuffamento per gli occidentali che ci credono, per stupidità, e per quelli che vogliono crederci, per ideologia o per guadagno. Alla luca di tutto questo è intollerabile ed inaccettabile La “coesistenza” fra società occidentale e società comunista. Noi, i conservatori, gli anticomunisti, i cristiani, siamo avversari giurati del comunismo, e perciò della Cina. Lo scontro sarà dai punti di vista, politico, economico, ideologico, sarà uno scontro permanente. Dal punto di vista politico la diplomazia cinese (attualmente la maggior macchina diplomatica al mondo) è al lavoro per guadagnarsi amici, non necessariamente comunisti, che condividano la critica del PCC ai valori occidentali, cattolici e conservatori. In Italia, come abbiamo già affermato, il Partito Democratico italiano, guidato da Nicola Zingaretti e il Movimento Cinque Stelle diretto da Luigi Di Maio (e, perciò, anche l'attuale governo purtroppo in carica), corrispondono, sia i partiti che i due uomini, all'identikit di "volenterosi amici" della Cina comunista. Con il disgraziato accordo della Via della Seta tra Italia e Cina la propaganda cinese si spinge oltre, con gli uomini politici italiani che sono stati invitati e hanno mangiato e bevuto nei “corsi di istruzione”. Crediamo che l'Occidente debba sostenere vigorosamente sia la dissidenza democratica a Hong Kong che la Cina nazionalista di Formosa. L'obiettivo fondamentale dell'Occidente deve essere la caduta irrevocabile di Xi e il crollo altrettanto irrevocabile del comunismo cinese. Finché ciò non avverrà la Cina è e sarà sempre il nemico dell'Occidente.
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