lunedì 11 maggio 2020

Non vogliamo i nostri figli condannati al braccialetto elettronico, come i detenuti



Bambini tra i 4 e i 6 anni con un braccialetto hi-tech ai polsi, come quelli dei detenuti condannati agli arresti domiciliari, per tornare all'asilo. E' il futuro che si annuncia per i nostri figli (in particolare, l'esperimento comincia in una scuola dell'infanzia paritaria nel Varesotto, a Castellanza), dove direttori e docenti si dicono "pronti a ripartire". E in attesa della riapertura sono stati acquistati, da una ditta italiana, duecento braccialetti  per gli alunni. Gli apparecchi elettronici vengono legati al polso dei piccoli all'interno dell'istituto: una volta impostata la misura di un metro minimo di distanza tra loro, gli aggeggi vibrano e si illuminano se si supera il limite consentito di vicinanza fisica. Insomma, funzionano come quelli per i detenuti: non appena il detenuto si allontana oltre i limiti dall’abitazione il segnale elettronico viene inviato alla Caserma che immediatamente manda una pattuglia a controllare. Il braccialetto a cui vorrebbero condannare i nostri figli si servirà anche di una app che a distanza permetterà di monitorare ogni contatto tra i piccoli nell'istituto scolastico. Però, non non ci stiamo. I nostri figli non sono dei detenuti in custodia cautelare, soggetti ad evasione. In più dicono: "l'iniziativa sarà sviluppata e spiegata come se fosse un gioco". Ancora peggio. Vogliono diseducare i nostri figli. Vogliono condizionare le loro menti ad accettare le limitazioni della libertà. Qui non siamo né nella Cina comunista, né nella Corea del Nord. Questo concetto il governo Conte deve impiantarselo bene nella mente. L'Italia è una nazione democratica e liberale ed esigiamo che lo rimanga. Se ne facciano una ragione gli ammiratori piddini e pentastellati del presidente cinese Xi Jinping. Noi questa "scuola" che diventa un carcere non la vogliamo. Nè adesso, né mai.

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