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mercoledì 6 maggio 2020

Donald Trump blocca i finanziamenti Usa per l’Organizzazione mondiale della sanità: «Ha insabbiato l’epidemia»



Lo stop per ora è temporaneo, ma, potrebbe diventare definitivo. Noi speriamo che diveti definitivo. Almeno finché permangono alcune questioni relative all'Organizzazione mondiale della sanità. Donald Trump ha deciso di bloccare i finanziamenti statunitensi per l’Organizzazione mondiale della sanità: secondo il Presidente statunitense, l’organismo sanitario globale "ha fallito nel suo dovere e deve essere ritenuto responsabile" di una cattiva gestione della pandemia di coronavirus. Donald Trump ha incolpato l’Oirganizzazione mondiale della sanità per aver sostenuto la "disinformazione" della Cina comunista sul virus dopo l'esplosione dell’epidemia nella città cinese di Wuhan. Il Presidente Trump ha affermato giustamente che il coronavirus, che ha infettato quasi due milioni di persone in tutto il mondo, avrebbe potuto essere contenuto se l’Organizzazione mondiale della sanità fosse stata più competente e non avesse aiutato il governo comunista cinese a "insabbiare" l’emergenza. Gli Stati Uniti sono i maggiori finanziatori dell’Organizzazione mondiale della sanità: a febbraio, l’amministrazione Trump aveva chiesto che il contributo americano venisse ridotto da 122,6 milioni di dollari (l’equivalente di 111,8 milioni di euro) a 54,9 (50 milioni di euro). L’Organizzazione mondiale della sanità, invece, con un offensivo disprezzo per la verità, aveva elogiato la Cina per la sua trasparenza sulla pandemia. Purtroppo, Pechino è un altro importante finanziatore dell'Organizzazione, e questo praticamente annulla l’indipendenza necessaria all’agenzia dell’Onu per svolgere adeguatamente il proprio ruolo. Non a caso, il Presidente Trump era stato attaccato dall'Organizzazione mondiale della sanità quando aveva emesso un divieto sugli ingressi dei viaggiatori dalla Cina comunista. Infatti, l'attuale direttore generale dell'Organizzazione mondiale della sanità è Tedros Adhanom, un membro anziano (il Tigraionline  lo ha elencato come il terzo membro più importante del comitato permanente del politburo) del del Fronte di Liberazione del Tigrè ( “Tigray People’s Liberation Front”, TPLF), un partito rivoluzionario comunista etiope, d'orientamento maoista. Secondo Trevor Loudon, un esperto di movimenti e gruppi comunisti, l’’ideologia del Tigrè "era molto vicina a quella dell’attuale Corea del Nord". Nel 1991, mentre il governo comunista di Mènghistu Hailé Mariàm, detto il Negus Rosso perdeva il sostegno finanziario dell’Unione Sovietica che stava crollando, una coalizione tra il Fronte di Liberazione del Tigrè con altri due partiti etnici ha deposto Mènghistu. Nel corso del tempo, il TPLF ha iniziato a esercitare sempre più influenza sulle altre due parti. La maggior parte dei generali militari e leader chiave all’interno del governo erano del Tigray, incluso il Primo Ministro che governò il paese per 21 anni prima della sua morte. I Tigray rappresentano solo il 6% della popolazione dell’Etiopia, uno dei principali gruppi etnici sono gli Amhara, che avevano costituito principalmente il regime di Mènghistu. Il trattamento favorevole sotto Mènghistu aveva creato molto risentimento verso l’Amhara da parte degli altri gruppi etnici come ad esempio quello dell’Oromo. Il Fronte di Liberazione del Tigrè è il partito che nel suo manifesto del 1968 definiva il popolo dell’Amhrara il suo “eterno nemico”.Il TPLF è stato classificato un’organizzazione terroristica dal governo degli Stati Uniti negli anni ’90 ed è ancora oggi catalogato come membro del Database del Terrore Globale, a causa della sua ostinata abitudine di eseguire assalti armati nelle aree rurali. Il popolo dell’Amhara ha denunciato discriminazioni sistematiche e violazioni dei diritti umani da parte dell’attuale governo. “Humans Rights Watch” nel 2010 ha scritto un rapporto su come gli aiuti sotto forma di cibo e fertilizzanti sono stati vietati agli abitanti dei villaggi locali dell’Amhara a causa delle loro affiliazioni con il partito di opposizione. Altre forme di rifiuto dell’aiuto hanno comportato il rifiuto dell’assistenza sanitaria di emergenza da parte del ministero degli operatori sanitari; lo stesso ministero che all’epoca era guidato da Tedros Adhanom. L’Amhara People’s Union, un gruppo di attivisti con sede a Washington, ha rivolto molte altre accuse di violazioni dei diritti umani contro il governo guidato dal TPLF, compreso il fatto che i tassi di natalità nella regione di Amhara erano molto più bassi di quelli riscontrati in altre regioni. In una sessione del parlamento etiope hanno osservato che circa 2 milioni di Amhara sono “scomparsi” dal censimento della popolazione. Secondo Loudon, sebbene in superficie il governo abbia varato riforme di mercato e istituito formalmente elezioni democratiche, ideologicamente è rimasto comunista, soprattutto in termini di politica estera: "Continuano a mantenere i loro legami con i comunisti stranieri", aveva spiegato in un’intervista. Tedros Adhanom, dapprima ministro della sanità (dal 2002 al 2012) e successivamente ministro degli esteri dell'Etiopia, ha sempre mantenuto forti legami con il partito comunista cinese, abbracciando (come il governo italiano di Giuseppe Conte) di recente progetti come la "Nuova Via della Seta", che serve al partito comunista cinese per estendere la sua influenza geo-strategica nel mondo. Tedros Adhanom è riuscito a diventare il direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità nel 2017, con il forte sostegno del partito comunista cinese, nonostante sia stato accusato di aver occultato le epidemie di colera durante il suo mandato come ministro della sanità etiopica. Un focolaio di colera si diffuse nella regione nel 2007, colpendo migliaia di persone nei paesi vicini. Al momento dello scoppio dell’epidemia in Etiopia, il governo ribattezzò semplicemente l’epidemia e la definì "diarrea acuta", “Acute Watery Diarrhea” (AWD). Le organizzazioni internazionali furono messe sotto pressione per evitare che lo definissero colera (nonostante le Nazioni Unite avessero individuato il virus infetto), così come si intimò ai  dipendenti pubblici di non rivelare il numero di infetti. Nel 2012 Tedros Adhanom fu nominato ministro degli Esteri e attuò immediatamente una repressione verso gli oppositori del governo, compreso un tentativo di estradare coloro che erano fuggiti in esilio nello Yemen. I due paesi avviarono anche  negoziati per rintracciare e espellere i dissidenti dallo Yemen e imprigionarli in Etiopia. Tedros Adhanom stesso guidò questi negoziati, lo attesta anche una fotografia dei suoi colloqui avuti col ministro degli Esteri yemenita. Come ha fatto, perciò, un uomo con un curriculum come quello di Tedros Adhanom a diventare direttore dell’Organizzazione mondiale della sanità? In realtà è abbastanza semplice, l’Organizzazione mondiale della sanità stata coinvolta in numerosi scandali da diverso tempo. Di fronte ad aumenti di budget quasi irrilevanti negli anni Novanta, l’Organizzazione mondiale della sanità si rivolse al settore delle imprese per ottenere finanziamenti aggiuntivi e dal 2008 le donazioni delle imprese sono salite al 80% nel budget dell’organizzazione. Secondo la ricercatrice sanitaria Soniah Shah, il ruolo svolto dalle grandi aziende farmaceutiche nel definire la politica sanitaria globale ha creato gravi conflitti di interessi, perché mentre da un lato migliora l’immagine pubblica delle aziende, dall’altro favorisce i loro interessi finanziari. Il grave stanziamento scorretto di fondi da parte dell’organizzazione è stata resa più evidente nel 2016, quando si è constatato che l’Organizzazione mondiale della sanità spendeva $ 200 milioni all’anno in spese di viaggio, non includendo nemmeno quelle pagate dal paese ospitante. La Fondazione Bill & Melinda Gates ha svolto un ruolo importante nella promozione di Tedros Adhanom. Dopo i loro ingenti investimenti in programmi sanitari in Etiopia che Tedros Adhanom aveva facilitato, la fondazione desiderava promuovere programmi simili a livello globale e donò miliardi all’Organizzazione mondiale della sanità a tal fine. La nomina di qualcuno così profondamente non qualificato come Tedros Adhanom deve anche molto alla struttura labirintica del processo di nomina dell’Organizzazione mondiale della sanità. Il direttore è selezionato dal consiglio di amministrazione, che a sua volta è nominato da una minoranza a rotazione dell’Assemblea, composta da ministri della sanità nominati dai governi mondiali. L’Organizzazione mondiale della sanità ha quindi lo stesso problema di molte altre istituzioni globali, dove il direttore è un incaricato, emissario di qualcuno. Naturalmente i media di propaganda hanno ritratto Tedros Adhanom come una personalità venerabile, insignita di una missione etica, al fine di curare le malattie mortali del mondo. Lo slogan per la sua campagna elettorale su Twitter ripeteva che “è tempo che un africano guidi l’OMS”. Rebecca Myers, giornalista di spicco del Sunday Times, ha scritto in quell’occasione: "I diplomatici cinesi hanno condotto un’accesa campagna per l’etiope, usando le leve finanziarie di Pechino e il suo opaco sistema di aiuti finanziari per costruire un sostegno per lui tra i Paesi in via di sviluppo". Tedros Adhanom ha anche usato e strumentalizzato la debolezza dell’Occidente verso le accuse di "oppressione" e "discriminazione". Quando un consigliere del suo contendente britannico alla leadership dell’Organizzazione mondiale della sanità aveva stigmatizzato l’insabbiamento dell'epidemia del colera nell'Etiopia, lo ha accusato di avere una "mentalità coloniale".  Alcune obiezioni hanno sottolineato che il direttore generale ha scarso potere sull’attuale politica dell’Organizzazione mondiale della sanità, però, ciò non tiene conto del fatto che l’organizzazione è accettata come autorità globale in materia di salute e consiglia i governi mondiali. La cattiva gestione dell’Organizzazione mondiale della sanità attraverso persone come Tedros Adhanom ha aggravato totalmente la pandemia globale di coronavirus. Tedros Adhanom non solo ha individuato tutte le opportunità per lodare la gestione della crisi da parte del partito comunista cinese, anche mentre i medici venivano arrestati e le persone blindate all’interno delle loro case; ha anche dato consigli completamente contraddittori. Prima di tutto affermando che i paesi non avrebbero dovuto limitare i viaggi da e verso la Cina per non fare discriminazione, per poi, subito dopo,  rimproverarli per non aver fatto abbastanza per la prevenzione. In un mondo sano, invece di guidare un’organizzazione globale, Tedros Adhanom sarebbe processato presso il Tribunale penale internazionale, processato per i suoi crimini e, se ritenuto colpevole, dovrebbe passare il resto della sua vita in carcere. Tutto questo dovrebbe essere più che sufficiente a giustificare le critiche statunitensi nei confronti dell'Organizzazione mondiale della sanità. Invece, il segretario generale delle Nazioni Unite, il socialista portoghese Antonio Guterres, dopo avere saputo della decisione del Presidente Trump, ha obiettato quanto sia necessario mantenere "l’unità della comunità internazionale per lavorare insieme in maniera solidale per fermare il virus e le sue conseguenze". Insomma, questi socialisti europei così arrendevoli e cosi rinunciatari nel confronti della Cina comunista, sono quei politici e quei giornalisti socialisti e socialdemocratici (i quali, come diremo in un prossimo articolo, sono diffusi anche in Italia) che Vladimir Lenin definiva come "utili idioti dell'Occidente". Il Presidente Trump è invece un grande conservatore liberale risoluto che cancellato con poche mosse la debolezza di Barack Obama.

martedì 5 maggio 2020

La "Nuova via della seta" è un accordo antinazionale. Va cancellato



Innanzitutto vediamo che cos'è la cosiddetta "Nuova via della seta". La Nuova via della seta (in cinese comunemente: 一带一路S, yī dài yī lù, un nastro una via) è un'iniziativa della Repubblica Popolare Cinese comunista, apparentemente per il miglioramento dei suoi collegamenti commerciali con i paesi nell'Eurasia e, sempre apparentemente, a vantaggio sia della Cina comunista che dei paesi europei coinvolti. Comprende le direttrici terrestri della "zona economica della via della seta" e la "via della seta marittima del XXI secolo" (in cinese: 丝绸之路经济带和21世纪海上丝绸之路, Sīchóu zhī lù jīngjìdài hé èrshíyī shìjì hǎishàng sīchóu zhī lù; nota anche in inglese come BRI, Belt and Road Initiative o OBOR, One belt, one road, ”una cintura una via”). Il governo italiano in carica presieduto da Giuseppe Conte e mediante l'operato del ministro degli esteri pentastellato Luigi Di Maio ha aderito a questa "Nuova via della seta". Ovvero, questo governo (da cui ci vergogniamo d'essere governati e crediamo che l'Italia non si meriti un governo come questo) ha sottoscritto un accordo che non soltanto non è vantaggioso per l'Italia (non stabilisce clausole vincolanti per le due controparti) ma, non ha nemmeno una natura squisitamente commerciale. Infatti, mira ad accrescere l’influenza politica ed economica del partito comunista cinese nella nostra Nazione. Xi Jinping aveva addirittura firmato un lunghissimo intervento di presentazione delle potenzialità di questo accordo su ‘Corriere della Sera’, intervento prontamente rilanciato nella sua stesura integrale dalla voce ufficiale (in lingua inglese) del Governo cinese, il ‘Global Times’. Intervento che merita davvero leggere, perché, al di là delle frasi di rito, Xi trasmette alcuni messaggi politicamente molto pesanti. il presidente Giuseppe Conte, alla Camera e al Senato, aveva difeso la "Nuova ia della seta", sottolineando che la firma non avrebbe cambiato la collocazione -atlantica dell’Italia. Invece, la "Nuova via della seta" è un progetto che punta ad allontanare l'Italia dalle sue alleanze atlantiche con gli Stati Uniti e la Gran Bretagna. "Un conto sono degli accordi commerciali specifici, un altro conto è firmare un memorandum d’intesa su un progetto che gli Stati Uniti, e non solo, ritengono avere anche fini politici", ha dichiarato il politologo Edward Luttwak. Mentre, il Consiglio per la Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti aveva mandato un chiaro messaggio all’Italia tramite il proprio account Twitter: "Appoggiare la Nuova Via della Seta conferirà legittimità all’approccio predatorio della Cina nell’ambito degli investimenti e non porterà alcun beneficio alla popolazione italiana". Dunque, l'obiettivo della "Nuova via della seta" non è quello di favorire lo scambio di merci. Noi pensiamo che insieme alla “Nuova via della seta” ci sia la promozione di un nuovo modello politico e sociale illiberale. Peccato che la cosiddetta "Nuova via della seta" per il ministro Di Maio sia, soltanto, "una grande opportunità per riequilibrare la bilancia commerciale". Ritornando dal tema sociale a quelli economici, inoltre, con la "Nuova via della seta" la Cina comunista è entrata oltre venti imprese private o partecipate nazionali. Senza contare i porti strategici, l’accordo ha coinvolto anche Snam, Cdp, Fincantieri, Eni, Enel, Unicredit e Banca Intesa. Un caso allarmante è quello dell’azienda statale Leonardo. Leonardo opera nell’ambito aerospaziale, della difesa e della sicurezza; produce jet militari, elicotteri e munizioni, ed è partner di lunga data dell’esercito italiano. La "Nuova via della seta" non serve ad aumentare il traffico di merci verso la Cina, ma ad aumentare le esportazioni di Pechino verso il resto del mondo, oltre che la sua influenza politica e sociale. Infatti uno dei principali obiettivi a lungo termine stabiliti da Xi Jinping per la Cina comunista è il cosiddetto Made in China 2025 (di cui il regime cinese non ha più parlato dopo l’inizio della guerra commerciale con gli Stati Uniti), un piano economico che mira a ridurre drasticamente le importazioni di merci straniere entro il 2025. "I Paesi che fanno accordi di questo tipo con la Cina finiscono per importare più prodotti cinesi, non per esportare di più", ha dichiarato Luttwak, sottolineando che "i cinesi non importano dall’estero quello che possono fare in casa loro". Un articolo pubblicato dal Blog delle Stelle, il magazine ufficiale dell’M5S, afferma per l’appunto che il movimento vuole "aiutare le nostre aziende a esportare il Made in Italy, le nostre eccellenze, il nostro know-how in un mercato che in questo momento ce lo chiede". Peccato che una volta acquisito il know-how sufficiente, la Cina non avrà più alcun interesse ad importare merci italiane, che verranno prodotte in Cina con costi e prezzi inferiori. Per ridare impeto all’economia, secondo Luttwak, "l’unica ricetta che serve all’Italia è meno tasse, regole più semplici sul lavoro, finanza privata per opere pubbliche". Inoltre, Per completare il corridoio marittimo della Nuova Via della Seta, Pechino ha bisogno di uno sbocco vicino al cuore dell’Europa centrale: per questo è fortemente interessata ai porti di Genova, Trieste (perché è l’unico porto europeo che gode di extraterritorialità doganale), Palermo, Ravenna. Che si aggiungerebbero al gruppo degli altri porti europei controllati dalla Cina (Pireo, Rotterdam e Anversa). Il Portogallo invece ha  concesso  lo sbocco nel porto di Sines, sulla costa meridionale e poco distante dallo Stretto di Gibilterra che la Cina comunista userà sicuramente in funzione anti-britannica. Il timore sui porti è che la sicurezza italiana potrebbe essere messa a repentaglio (insieme alla collocazione atlantica dell’Italia) dalle attività cinesi, perché i porti alla Cina potrebbero servire, al di là degli interessi commerciali, agli scopi militari. La Cina potrebbe sviluppare nei porti commerciali strutture che servono per i suoi obiettivi strategici. In un intervento sul ‘Corriere della Sera’  Xi Jinping, riservava un passaggio sui risvolti geopolitici dell’accordo, affermando: "Lavorando insieme, promuoveremo i nostri interessi comuni, sosteniamo il multilateralismo e il libero scambio e salvaguardiamo la pace, la stabilità, lo sviluppo e la prosperità del mondo». Dichiarazione che ha tutta l’aria di un invito provocatorio proprio su quel che Conte escludeva, ovvero lo spostamento dell’Italia dalla sua collocazione atlantica. Cosa che noi anticomunisti non ammettiamo e non accettiamo. Siamo e saremo sempre avversari giurati della Cina comunista. Riprendendo il filo principale del discorso, i presidenti di Confcommercio e Conftrasporto avevano scritto una lettera (rimasta, a quanto ci risulta completamente inascoltata) indirizzata al presidente Giuseppe Conte e al ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture Danilo Toninelli per invitare il governo alla massima prudenza in merito all’accordo Italia-Cina: "L’Italia sarebbe l’unico Paese di particolare rilevanza a siglare un’intesa, considerato che, sempre di più, l’Unione europea evidenzia il disegno egemonico sotteso a tale progetto […] Se poi dovessimo aggiungere la perdita della piena sovranità nazionale sulle infrastrutture strategiche portuali e ferroviarie, rischieremmo di pregiudicare quell’economia del mare che è fondamentale per il nostro Paese". Saggiamente il precedente ministro degli Interni, Matteo Salvini, aveva invitato alla prudenza menzionando l’acquisizione cinese del porto greco del Pireo e le conseguenze che sta avendo in termini di condizionamento e presenza cinese in Grecia. Aveva aggiunto "Io prima di permettere a qualcuno di investire sul porto di Trieste o Genova ci penso, non una, ma cento volte". Non ci risulta che il presidente Conte e il ministro Di Maio abbiano ascoltato e recepito l'osservazione di Salvini. In merito all’intera "Nuova via della seta", il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia (secondo una logica apolitica su cui i comunisti cinesi puntano assai) aveva dichiarato: "È un’opportunità se puntiamo su un’industria forte che va anche a vendere in Cina e non trasformiamo l’Europa in un continente di consumatori che comprano solo prodotti cinesi. Servono degli accorgimenti; per esempio il porto di Trieste è un asset strategico del Paese e non può essere parte di una società dove ci sono dentro altri Paesi". Purtroppo, le cose non stanno affatto in questo modo. Secondo uno studio pubblicato il 4 marzo 2018 dal Center for Global Development, la Belt and Road Initiative (Nuova Via della Seta) ha trascinato intenzionalmente molti dei Paesi coinvolti nell’iniziativa in una ‘trappola del debito’, con l’obiettivo di renderli di fatto vassalli del regime comunista cinese. La Banca degli Investimenti Cinese per le Infrastrutture (Aiib) ha infatti finanziato la costruzione di grandi opere infrastrutturali legate alla Nuova Via della Seta, elargendo ‘generosi’ prestiti a molti Paesi; tuttavia, in diversi casi le conseguenze sono state drammatiche. Citando Cnbc e Cnn lo studio afferma che, tra i 68 Paesi che si sono impegnati a collaborare con il Partito Comunista Cinese, 23 si sono trovati rapidamente in uno stato di grave indebitamento. Per esempio, lo Sri Lanka a causa dell’impossibilità di onorare il debito contratto con il partito comunista cinese, è stato costretto a cedere i diritti di controllo dell’importantissimo porto di Hambantota ai cinesi già a dicembre 2017. Il Financial Times ha scritto che il porto di Hambantota è costato 1,3 miliardi di dollari ed è stato costruito da un’azienda statale del partito comunista cinese. Da quando ha aperto, il bilancio del porto è stato sempre in rosso. Lo Sri Lanka quindi, non potendo in alcun modo saldare il debito, ha dovuto firmare una concessione della durata di 99 anni alla Repubblica Popolare Cinese, con evidenti ripercussioni sulla sua sovranità nazionale. Secondo lo studio, otto nazioni (Pakistan, Gibuti, Maldive, Laos, Mongolia, Montenegro, Tagikistan e Kirghizistan) delle 23 che si sono già fortemente indebitate con Pechino, dovranno affrontare presto una crisi del debito pubblico. In particolare gli Stati che rischiano maggiormente sono quelli più piccoli e meno forti economicamente. Purtroppo, come vediamo ogni giorno, la condizione dell’Italia non è diversa rispetto a quella dei Paesi satelliti di Pechino che sono già caduti nella "trappola del debito" cinese. Pur essendo la terza economia più importante dell’eurozona; l'Italia ha già un enorme debito pubblico, il terzo più elevato al mondo. Riassumendo, il progetto “New Silk Road”, o “Belt and Road”, è una delle più importanti iniziative di politica estera e commercio di Xi Jinping. Certamente, combina elementi di un progetto commerciale (o di crescita economica), insieme a un progetto politico. Per molti decenni dopo che la repubblica popolare cinese fu istituita nel 1949, la Cina si isolò dai sistemi commerciali e politici internazionali. La rottura con l’Unione Sovietica negli anni Sessanta ha eliminato le interazioni economiche della Cina con molti paesi comunisti dell’Europa orientale, lasciandola con un numero ancora minore di partner commerciali. Durante questo periodo gran parte del coinvolgimento della Cina negli affari del mondo si riferiva al suo sostegno a movimenti rivoluzionari come il sostegno che forniva ai comunisti in alcuni paesi del sud-est asiatico. Dopo che purtroppo la Cina ha iniziato a uscire dal suo isolamento negli anni Settanta, ha iniziato a riunirsi in organizzazioni internazionali a partire dalle Nazioni Unite e nel 2002 è diventata membro dell’Organizzazione mondiale del commercio.Tuttavia, la Cina ha assunto di rado un ruolo di guida nelle organizzazioni internazionali, sebbene fosse apertamente contraria a qualsiasi indagine nei suoi affari interni. Negli ultimi anni, iniziando con Hu Jintao e accelerando sotto Xi Jinping, la Cina ha iniziato a cambiare il suo ruolo all’interno delle organizzazioni internazionali. Almeno per le questioni commerciali, la Cina è sempre più un sostenitore delle organizzazioni internazionali e degli accordi multilaterali, usandole, dapprima quali cavalli di Troia e, succesivamente, come grimaldelli. Di fatto, ha già avviato o sta negoziando molti accordi commerciali bilaterali o multilaterali. Altri tipi di organizzazioni internazionali come l’Organizzazione Mondiale della Sanità o  Interpol, sono diventate anche entità in cui la Cina ha assunto un ruolo di leadership di alto profilo. Soprattutto, si tratta di bloccare le indagini sugli affari interni della Cina, e spesso è anche quello di garantire che Taiwan (ovvero l'unica Cina per noi legittima, quella nazionalista) non partecipi come membro a nessuna organizzazione internazionale che richiede statualità. Perciò, il progetto Belt and Road è un altro esempio della Cina che cerca di affermare un ruolo di leadership globale. Per questo la Cina potrà strumentalizzare ed usare l'Italia per incoraggiare altri paesi a sottomettersi e diventare un satellite cinese com'è l'Italia. Per dirla semplicemente, la Cina sarà in grado di dire ad altri paesi: “L’Italia, un paese del G7 e una delle più grandi economie del mondo, è un partecipante, quindi non c’è nulla da temere”. In Cina esiste una percezione che, tra i paesi del G7, l’Italia soffra ancora delle conseguenze economiche e politiche della crisi finanziaria del 2008. Questo rende l’Italia un obiettivo logico per la Cina. Trasformare l’Italia in un cavallo di Troia di Pechino. Lo vedremo, anche se speriamo di non vederlo mai, quando l’Italia (diventata un fantoccio nelle mani del ventriloquo Xi Jinping) sosterrà (o si opporrà)  in organizzazioni internazionali a vantaggio della Cina e contro gli Stati Uniti. Il presidente Conte e il ministro Di Maio non hanno scuse per aver negoziato un cattivo affare con la Cina. Gli obblighi legali dell’Italia nei confronti  della NATO, e gli Stati Uniti, sono cruciali per il ruolo dell’Italia , e noi anticomunisti atlantici intransigenti  non vogliamo che il governo Conte lo comprometta. Vogliamo in qualsiasi modo o maniera per l'Italia un governo che cancelli gli indegni accordi con lo stato - canaglia comunista.

lunedì 4 maggio 2020

La Cina comunista è il nemico dell'Occidente



Ieri come oggi, la Cina è il nemico che l'Occidente deve prepararsi ad affrontare. Sì, perché non solo la Cina non ha mai abbandonato la propria identità comunista dopo la campagna di “riforma e apertura” del 1978, ma dopo la salita al potere di Xi Jinping tale identità è stata rinsaldata. Gli studiosi, i gionalisti e gli uomini politici occidentali che credono che la Cina non sia più comunista commettono un errore fatale. Essi lo commettono o perché appartengono a partiti che occupano lo spazio politico del centrosinistra (come il Partito Democratico italiano e, soprattutto, il Movimento Cinque Stelle) o per superficialità. Infatti, anche dopo il 1978, i leader cinesi non hanno mai negato l’identità comunista del sistema politico cinese. I leader del Partito dedicano, appunto, lunghe ore allo studio dei motivi per cui l’Unione Sovietica è crollata. Uno di questi, secondo Xi Jinping, è stato la critica nei confronti di Stalin. La Cina, ha insiste Xi, non deve "mai dimenticare gli insegnamenti del presidente Mao, di Lenin e di Stalin" e non cedere alla tentazione di criticare Mao come alcuni leader sovietici hanno fatto con Stalin. Xi, insieme ai suoi predecessori, ritiene che Mao sia "un grande marxista" e che "i suoi successi occupano il primo posto". Mentre, la base dell’autorità comunista non è mai scomparsa. Ogni attività politica e sociale è controllata dal PCC secondo un rigido modello leninista e stalinista. Anche, l'approdo all'economia di mercato è più un camuffamento ad uso degli occidentali che qualcosa di autentico. In quanto, in ogni attività privata, comprese le sezioni cinesi di imprese straniere, il PCC inserisceo una cellula del Partito, il cui potere è parallelo e spesso maggiore di quello del management. Xi Jinping considera che, proprio come con la Nuova politica economica (NPE) di Lenin inaugurata nel 1921, in Cina con Deng Xiaoping si è resa necessaria una deviazione temporanea attraverso l'economia di mercato, a causa della povertà del Paese. Non a caso, La propaganda continua a seguire modelli sovietici e maoisti». Giornalisti e scrittori, secondo Xi Jinping, debbono «amare il Partito, proteggere il Partito e servire il Partito». Xi parla anche di Internet: ciascuna università deve fornire una quota di persone per raggiungere il numero di dieci milioni e mezzo di «volontari che civilizzino Internet», in altre parole di troll che invadano i social media a livello internazionale per martellarvi la propaganda del PCC. Così come quella che Xi denomina come "campagna contro la corruzione". In Occidente si equivoca, spesso volutamente, sul suo significato. Benché alcuni dirigenti locali siano stati arrestati per aver accettato delle tangenti, In realtà, la campagna è contro la "corruzione ideologica", contro chi non è abbastanza marxista. Coloro che non dedicano tempo a studiare il marxismo e i lavori di Xi Jinping, possono, dunque, finire nei campi di rieducazione o in carcere. Anche la vita quotidiana è gestita dal PCC, in ogni settore. A questo proposito, Xi Jinping ha a propria disposizione strumenti tecnologici quali il riconoscimento facciale e database enormi che consentono il sistema di credito sociale. A questo punto facciamo una brevissima digressione: quanto abbiamo appena affermato non vi ricorda il modo antiliberale (ci riferiamo, per esempio, all'irruzione della STASI - acronimo con cui si denominava la polizia politica della repubblica comunista tedesca - in versione italiana in una chiesa) in cui Giuseppe Conte e Luigi Di Maio stanno, secondo loro, "affrontando" l'epidemia del coronavirus? Rifletteteci. Sia l'irruzione in una chiesa che la chiusura delle scuole, operate dal governo purtroppo attualmente in carica sono "casualmente" coerenti (in scala ridotta, logicamente, perché il sistema è quello dello sfogliamento della cipolla) con due delle "direttive" del comunismo cinese. In uno dei suoi discorsi più importanti a proposito della religione, Xi Jinping ha presentato se stesso e il PCC come "atei marxisti inflessibili". Egli considera tutte le religioni, ma il Cattolicesimo, ed il Cristianesimo in generale, più delle altre, come potenziali nemici del Partito, che per il momento debbono essere controllati strettamente e nel lungo periodo eliminati. I membri del PCC vengono espulsi dal Partito non solo se hanno una qualsivoglia forma di credo religioso, ma anche se hanno familiari o amici stretti che siano credenti. Xi Jinping afferma che il marxismo è una “fede” e come tale incompatibile con tutte le altre forme di fede. Mentre, con Xi Jinping, lo studio del marxismo-leninismo è più importante di prima e bisogna studiare anche il pensiero proprio di Xi. I docenti che mostrino una qualche forma di critica o di indipendenza perdono il posto o “scompaiono”, ma vengono liquidati anche campi considerati inoffensivi ma “non utili” per il PCC, per esempio lo studio accademico della poesia cinese prerivoluzionaria. È vero che Xi ama citare la millenaria “cultura cinese”, ma è soltanto un ulteriore camuffamento per gli occidentali che ci credono, per stupidità, e per quelli che vogliono crederci, per ideologia o per guadagno. Alla luca di tutto questo è intollerabile ed inaccettabile La “coesistenza” fra società occidentale e società comunista. Noi, i conservatori, gli anticomunisti, i cristiani, siamo avversari giurati del comunismo, e perciò della Cina. Lo scontro sarà dai punti di vista, politico, economico, ideologico, sarà uno scontro permanente. Dal punto di vista politico la diplomazia cinese (attualmente la maggior macchina diplomatica al mondo) è al lavoro per guadagnarsi amici, non necessariamente comunisti, che condividano la critica del PCC ai valori occidentali, cattolici e conservatori. In Italia, come abbiamo già affermato, il Partito Democratico italiano, guidato da Nicola Zingaretti e il Movimento Cinque Stelle diretto da Luigi Di Maio (e, perciò, anche l'attuale governo purtroppo in carica), corrispondono, sia i partiti che i due uomini, all'identikit di "volenterosi amici" della Cina comunista. Con il disgraziato accordo della Via della Seta tra Italia e Cina la propaganda cinese si spinge oltre, con gli uomini politici italiani che sono stati invitati e hanno mangiato e bevuto nei “corsi di istruzione”. Crediamo che l'Occidente debba sostenere vigorosamente sia la dissidenza democratica a Hong Kong che la Cina nazionalista di Formosa. L'obiettivo fondamentale dell'Occidente deve essere la caduta irrevocabile di Xi e il crollo altrettanto irrevocabile del comunismo cinese. Finché ciò non avverrà la Cina è e sarà sempre il nemico dell'Occidente.

domenica 3 maggio 2020

Perché in Italia nessuno confronta l’attuale pandemia con l’Asiatica nel 1957?



L'influenza asiatica fu una pandemia influenzale di origine aviaria, che negli anni 1957-60 fu causata da un virus isolato in Cina nel 1954. Perché nessun giornalista italiano e nessun uomo politico italiano sembra ricordarsene. Dovremmo pensare allora, che i giornalisti dei telegiornali, così come i ministri, i sottosegretari e l’intero governo italiano siano affetti da perdita di memoria? No, loro stanno tutti bene. Sono inossidabili. No, non ne parlano e non ne parleranno perché, assai semplicemente, perché l’Italia, in particolare, e l’Occidente, in generale, non aveva alcun rapporto commerciale ed economico con la Cina comunista. Dunque, nel 1957, il virus aveva attraversato assai lentamente i continenti e, non si è spostato rapidamente da un continente all’altro a bordo degli aerei. Per cui, l’Italia e l’Occidente (a differenza di quel che succede oggi) non ebbero alcun problema a controllare la pandemia. Non si aveva alcun rapporto con la Cina comunista grazie a quella benedetta divisione del mondo che si chiamava “Guerra fredda”. Alla luce di quel che succede oggi affermiamo: speriamo che ci sia una seconda Guerra fredda e che si alzi una nuova ed ancora più impenetrabile “Cortina di ferro”. Vorremmo una Cortina di ferro che proteggesse e difendesse il popolo italiano da ciò che sta succedendo adesso. Sicuramente il popolo italiano non sarebbe o recluso nelle case o vagante, come ombre mascherate, nelle città. Lo ribadiamo. Per noi la soluzione è soltanto una, ed è categorica: isolamento politico, commerciale ed economico della Cina comunista. Questo è il “distanziamento” che vogliamo.

Al caffè comunista preferiamo l’espresso nazionale



Lavazza, il marchio italiano, anzi torinese, del caffè, da due miliardi di fatturato, ha fatto un passo deciso verso la Cina comunista. Attratta dal mercato cinese per il consumo di quella che è una delle bevande caratteristiche dell’Italia: il caffè nero, l’espresso nazionale. La mossa, a dire il vero in preparazione da oltre un anno, è stata annunciata il 29 aprile 2020, con la firma a Shanghai di una joint venture (ossia, un contratto con cui due o più imprese si accordano per collaborare al fine del raggiungimento di un determinato scopo o all’esecuzione di un progetto) tra Yum China Holdings e il gruppo italiano che ha l'obiettivo di esplorare e di sviluppare il concept dei coffee shop Lavazza nel mercato della Cina comunista. L'alleanza è stata propiziata dalla consulenza dello studio legale Dentons, uno dei maggiori network legali al mondo, il principale Cina comunista, dove ha uffici in 45 città. Il progetto prende il via con l'apertura di un nuovo flagship store (ossia, un punto vendita, in parole semplici, un negozio) Lavazza a Shanghai. l’altro soggetto della partnership, cioè Yum China è cresciuta in maniera importante nel mercato cinese: nel 2019 i suoi marchi hanno venduto 130 milioni di tazzine di caffè nel paese comunista. Da tutto ciò è nata la decisione di Lavazza di allearsi Yun China. Ora, ci diranno che “gli affari sono affari”, però, ci sembra questa scelta, sia preparata da lungo tempo brilli per intempestività. Innanzitutto, perché in Italia l’epidemia causata dal coronavirus sta diffondendo pienamente i suoi effetti mortiferi. Epidemia questa che, lo ricordiamo, è nata nella Cina comunista, a Wuhan, ed è bene non scordarlo. E, a dirlo (a scanso di accuse di sinofobia che non starebbero né in cielo, né in terra: siamo visceralmente anticomunisti; non sinofobi) non siamo noi. Ad affermarlo è Joshua Wong, Il leader delle proteste anticomuniste a Hong Kong: “Siamo di fronte a una pandemia che avrà effetti devastanti sulla salute e l’economia globale. La speranza è che, almeno, getti luce sulla vera natura del governo cinese”. Perciò, al minimo, l’apertura del nuovo coffee shop Lavazza, a Shanghai, appare alla nostra sensibilità di anticoomunisti, come una pratica legittimazione del governo comunista cinese. E, ci sembra grave e triste, allo stesso tempo, visto che non solo il virus ha infettato tutta l’Europa (e si è fatto strada in Asia, America, Africa), ma, nel nel Vecchio Continente, è l’Italia a pagare il prezzo più alto. Ed è un prezzo tragicamente altissimo e, per più d’una ragione. La prima è, chiaramente, il numero dei contagi e delle vittime, secondo soltanto, appunto, alla Cina. Questo è il primo e fondamentale motivo, sia etico che politico, per cui ci sembra inopportuno, se non inaccettabile, l’apertura del flagship store Lavazza a Shanghai. Però, non è l’unico. Aggiungiamo che, a causa di quest’epidemia il nostro popolo, il popolo italiano è costretto alla reclusione domiciliare, alla disoccupazione forzata, al dover indossare quasi permanentemente una maschera sul volto. Sulle responsabilità gravissime sia del governo comunista cinese che del governo italiano di centro-sinistra ci diffonderemo (come sugli altri argomenti qui sfiorati) nei prossimi articoli. Quello che ribadiamo, in chiusura, è che, per le ragioni di cui sopra, la scelta di aprire un punto vendita del caffè Lavazza, a Shanghai, nel cuore della Cina comunista, è una decisione sbagliata. Come lo sono quelle di altre aziende italiane che disapproviamo: da Bonfiglioli a Bracco, a Piaggio. Come è sbagliata, alla luce della tragedia in cui gli italiani si dibattono, la frase pronunciata proprio ieri, il 30 aprile 2020, dall’ambasciatore italiano in Cina, Ferrari: “La Cina sarà il mercato di riferimento nel prossimo futuro”. E, il futuro del popolo italiano quale è, signor ambasciatore? Quello di vivere da povero disoccupato? Quello d’essere relegato in casa? Quello di vagare bardato in città semi-deserte? Noi non lo accettiamo. Noi il caffè made in China, non lo vogliamo. Vogliamo l’espresso esclusivamente nazionale.

L’Italia è alleata di uno stato – canaglia comunista



Innanzitutto, spieghiamo che cos’è uno stato – canaglia. Stato canaglia ("rogue state") è un'espressione utilizzata da alcuni teorici anglosassoni di scienze politiche all'inizio del XXI secolo per riferirsi a taluni Stati considerati una minaccia al resto del mondo. Il significato base del termine rogue è quello di "persona senza princìpi, inaffidabile". Nel linguaggio politico di lingua anglosassone, "rogue state" esplicita questa condizione di stato che è giusto tenere ai margini dalla comunità. Un "rogue state" è uno Stato che deve essere isolato dalla comunità internazionale degli Stati. Il termine "canaglia" è una libera interpretazione italiana che dell'inglese "rogue" sottolinea soprattutto l'aspetto di disonestà del soggetto cui si applica. "Canaglia" in italiano si può definire come "malvagio". Il concetto implica alcuni criteri distintivi, come il fatto di avere una forma di governo totalitaria che intraprenda azioni in aperta violazione dei diritti umani, il fatto di sponsorizzare il terrorismo e la tendenza a mettere a rischio l’esistenza degli altri popoli. Non ci interessa, particolarmente, conoscere se questa pandemia sia nata da una scarsissima igiene alimentare cinese (alcuni dei contagiati a Wuhan erano collegati al mercato dell’umido e degli animali, mentre alti non lo erano) o se sia un frutto avvelenato degli errori dei loro scienziati. Un paese che prima nasconda un’epidemia e poi non fornisca sufficienti informazioni sulla gravità dell’epidemia stessa è uno stato – canaglia. Guardiamo agli eventi. Nel novembre del 2019, il 17, viene registrato il primo caso di contagio accertato da COVID-19: si tratta di un cinquantacinquenne della provincia dello Hubei. Inizialmente il virus non è stato riconosciuto come un nuovo tipo di coronavirus e la notizia è stata divulgata dal governo cinese solamente il 13 gennaio 2020. Al di là che il virus sia stato riconosciuto oppure no come un nuovo tipo ci coronavirus non modifica la sostanza del discorso Soltanto l’aver atteso quasi due mesi per diffondere la notizia qualifica la Cina comunista come uno stato – canaglia. Procediamo negli eventi. Il 1° dicembre del 2019, il primo paziente noto inizia a manifestare i sintomi. E, nello stesso mese, dall’8 al 18 vengono registrati sette casi successivamente diagnosticati come un nuovo coronavirus. Però, è soltanto il 12 gennaio 2020 che l'emittente televisiva statale cinese CCTV ha riferito in una trasmissione del 12 gennaio 2020 che "un nuovo focolaio virale è stato rilevato per la prima volta nella città di Wuhan, in Cina, il 12 dicembre 2019.". Arriviamo al 31 dicembre 2019, quando l'Organizzazione mondiale della sanità viene informata dalle autorità cinesi di una serie di casi simili alla polmonite nella città di Wuhan, con origine probabile da un mercato di pesce e animali della città stessa. Però, è soltanto il 26 gennaio 2020 che l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) rettifica il proprio documento in merito al virus e, alza il livello di pericolosità della Cina a "Molto Alto". Gli avvenimenti sono, dunque, impietosi sia per la Cina comunista che per l’Organizzazione mondiale della sanità. non è pensabile che gli scienziati di Pechino non abbiano valutato con attenzione le eventuali conseguenze di una sua possibile diffusione fuori dai confini cinesi. Non è possibile che non abbiano valutato la possibilità che quel tipo particolare di coronavirus potesse trasformarsi in una pandemia. Vediamo ancora. L’atteggiamento gravissimo sia della Cina comunista che dell’Organizzazione mondiale della sanità causa effetti deleteri riguardo allasoglia d’attenzione nei riguardi del coronavirus. Infatti, il 17 gennaio 2020 Il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC) pone il livello di rischio circa la possibilità che il virus raggiunga l'Europa solo a "moderato". Vengono stabiliti soltanto dei controlli negli aeroporti internazionali. Ed è soltanto il 22 gennaio 2020 che l governo comunista cinese mette in quarantena la città di Wuhan (con una popolazione di 11 milioni di persone), espandendo successivamente la misura a quasi tutta la provincia di Hubei, raggiungendo le 60 milioni di persone in quarantena. Così come è solo il 23 gennaio 2020 che le autorità di Wuhan decidono di chiudere l'aeroporto. Mentre, con un immenso, colpevole, ritardo l'OMS, il 30 gennaio 2020, in una conferenza straordinaria di aggiornamento sullo stato della sanità globale in merito al virus che prende il nome di 2019-nCoV ARD, dichiara ufficialmente tale virus un rischio per la salute pubblica. Da questo momento, la seconda parte della vicenda della pandemia del di COVID-19 è la storia dei morti e dei contagiati a livello mondiale. Mentre, per noi italiani, è la storia del calvario e del martirio della nostra Patria. Calvario e martirio di cui il colpevole è il governo comunista cinese, è lo stato – canaglia della repubblica pèopolare. Dunque, se uno stato deliberatamente compie atti in modo da danneggiare un intero popolo commette un atto d’aggressione. Milioni di persone rinchiuse in casa, milioni di disoccupati, milioni di uomini e donne trasformati in ombre mascherate, migliaia di morti, l’economia italiana allo sbando, distrutta, sono decisamente un atto d’aggressione contro l’Italia. Evitare deliberatamente – per meri interessi economici – di avvisare il mondo del rischio di una devastante pandemia è un atto d’aggressione. Perciò, la Cina comunista è uno stato – canaglia. La Cina comunista non è affatto la salvatrice del mondo (come cercano di dimostrare i telegiornali e i quotidiani che prendono per oro colato le “veline” del governo italiano di centrosinistra, amico fraterno di Pechino) ma è quel paese che con il suo comportamento criminale ha condannato l’Italia e il suo popolo a questo flagello. Invece vediamo il leader cinese, il governo comunista cinese, vantarsi di aver sconfitto il virus mortale, lo sentiamo usare decine di migliaia di morti per fare una raggelante propaganda sulle qualità tecnologiche cinesi. La Cina comunista dovrebbe risarcire ogni paese colpito dall’epidemia, dovrebbe essere esclusa dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ed il suo seggio dovrebbe essere riassegnato a Formosa, dovrebbe essere impedito alle imprese italiane di delocalizzare in Cina, dovrebbero essere congelati i beni della repubblica popolare in Occidente fino al completo recupero dei danni. E, pensiamo che, purtroppo, in Italia c’è chi ringrazia la Cina per le mascherine e per gli “esperti”; ed è anche pronto a a commerciare nuovamente con Pechino. L’Italia non può, non deve far finta di niente, non può e non deve mantenere le relazioni con la Cina comunista per rispetto alle vittime della pandemia. Sarebbe troppo facile per i comunisti cinesi, troppo facile distruggere l’economia italiana per poi magari acquisire aziende in fallimento nel nostro Paese.