martedì 12 maggio 2020

Perché il decreto liquidità non ha funzionato e non funzionerà



Il mondo dell’imprenditoria e, più in generale, le forze socio economiche del Paese che alimentano l’offerta dei beni e dei servizi avrebbero necessitato di un sostegno immediato, almeno per il ripianamento dei debiti e delle spese accumulate durante il lockdown, in totale assenza di fatturato. Si è determinata una situazione non più sostenibile per le tutte le nostre imprese, micro, piccole, medie e grandi. Lo Stato avrebbe dovuto senz’altro far fronte rapidamente a tale situazione. In tutti i Paesi europei la risposta è arrivata mediante un sistema di garanzie statali ad altissime percentuali di copertura su finanziamenti bancari (fino al 90% dell’importo finanziato in base alle dimensioni e al fatturato dell’impresa). Nel nostro Paese è stato adottato il così detto “decreto liquidità” che ha previsto un pacchetto di misure di agevolazione per il sostegno alla liquidità delle nostre imprese. In particolare per i professionisti, lavoratori con partita IVA e PMI è stato previsto un sistema di garanzie a prima richiesta concesse dal Fondo Centrale di Garanzia per le PMI. Modificando il previgente regime, il così detto “decreto liquidità” ha aumentato la garanzia del Fondo al 90% (con la possibilità di arrivare al 100% con l’intervento di confidi o altra forma di garanzia), mentre per i finanziamenti fino ad un massimo di 25 mila euro è innalzata al 100%. In ogni caso le garanzie sono concesse su finanziamenti fino ad un massimo del 25% del fatturato e comunque non superiore a 5 milioni di euro. Per le garanzie al 90% è previsto che le stesse siano concesse sulla base di una valutazione economico-finanziaria da parte del Fondo Centrale di Garanzia. Nulla viene detto in relazione alla valutazione operata dalla banca finanziatrice. Per quanto riguarda i finanziamenti di importo fino a 25 mila euro (per i quali la garanzia del Fondo è al 100%) è stata eliminata la valutazione del merito di credito da parte del Fondo di Garanzia. Nulla è stato detto relativamente alla valutazione da parte della banca che gode di una garanzia al 100%. La banca potrebbe quindi limitarsi a compiere una veloce istruttoria in conformità alla normativa bancaria di derivazione comunitaria. La banca finanziatrice, nelle intenzioni del decreto, potrebbe, dunque, erogare senza nemmeno attendere l’esito definitivo dell’istruttoria da parte del gestore del Fondo medesimo. Infine, viene indicato che per questi finanziamenti il tasso di interesse applicabile dalla banca sia molto basso (ossia non superiore al tasso di rendistato con durata residua da 4 anni e 7 mesi a 6 anni e 6 mesi, maggiorato della differenza tra il CDS banche a 5 anni e il CDS ITA a 5 anni, maggiorato dello 0,20 per cento).  Occorre anche evidenziare che tutti i finanziamenti fino a 5 milioni di euro coperti mediante garanzia del Fondo Centrale di Garanzia, al 90% o al 100% per importi fino a 25 mila euro, sono concessi senza alcun tipo di impegno da parte del beneficiario circa il reale utilizzo di tali risorse. Per concludere potrebbe dirsi che il decreto liquidità sembra aver introdotto misure ancor più agevolate rispetto ad ogni altro Paese europeo. Perché, allora, il decreto liquidità non funziona? Perché le banche non vogliono proprio saperne di fare quell'"atto d'amore" che il signor Giuseppe Conte gli ha chiesto? Vediamo, brevemente. Poniamo che la titolare di una piccola attività commerciale richieda alla sua banca un finanziamento da 10mila euro con garanzia pubblica. In questo caso si ricadrebbe nella fattispecie di prestiti “di importo non superiore al 25% dei ricavi fino a un massimo di 25mila euro” che non prevede alcuna valutazione del merito di credito, con erogazione del denaro senza attendere il via libera del Fondo di garanzia. Perché a questa ipotetica commerciante una banca (com'è successo nella realtà) non accrediterebbe i soldi sul conto rapidamente, come prevede il decreto? Semplice, perché le banche non di fidano delle garanzie di un governo statalista e filo - comunista, come quello presieduto da Giuseppe Conte, che non gode della fiducia dei governi dei mercati economici e finanziari. Dunque, una banca proporrebbe alla nostra ipotetica commerciante tutta una serie di fidi e prodotti vari alternativi al meccanismo previsto dal decreto liquidità. Così come una banca chiederebbe alla nostra ipotetica commerciante la stipulazione di una polizza a garanzia, o, almeno, un prospetto di bilancio dell'attività commerciale che ne certifichi la "buona salute" economica e finanziaria. In conclusione, la colpa non è sicuramente della nostra ipotetica commerciante. La verità è che la garanzia di un governo di cui i mercati non si fidano è una garanzia priva di qualsiasi valore. La colpa è  di un governo che non sa gestire l'economia e quando lo fa sbaglia , come con la "ripartenza" sbagliata sotto ogni aspetto. Certamente la situazione si potrebbe ancora salvare. Come? Insediando un nuovo governo che goda della fiducia dei mercati e che non mortifichi con ormai ingiustificate restrizioni sanitarie la libertà delle imprese. Prendendo le distanze dai paesi comunisti. Smantellando il Comitato tecnico-scientifico. Sollevando dal suo incarico il signor Domenico Arcuri. Abrogando ogni restrizione sanitaria (a parte quelle dettate dal buon senso del distanziamento di un metro e di evitare un eccessivo affollamento negli esercizi commerciali), visto che l'epidemia è ormai terminata (a meno di non volere dare credito alle "fake news" dei partiti al governo), e che rappresentano un freno insormontabile alla ripresa. Formando una commissione ristretta di economisti esperti. Smettendola di delegare alla Protezione civile delle scelte che hanno una ricaduta economica. Altrimenti, l'Italia, gli italiani e l'economia italiana andranno a sbattere contro il muro. Questa vola non sarà un secondo 1929, perché, allora, l'Italia si era ripresa. Questa recessione, se non si interviene, come abbiamo scritto, sarà cento volte peggio del 1929.

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