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giovedì 14 maggio 2020

Il Dragone divora i bar e i ristoranti, agevolato dalle misure di sicurezza impossibili

 

Il commercio cinese prende sempre più piede in Europa, diffondendosi a macchia d’olio e piegando la ristorazione tradizionale: chiudono i bar tradizionali di Venezia. Dopo l'eccessiva chiusura forzata, arrivano delle misure di sicurezza impossibili, approntate dal pomposamente definito "Comitato tecnico - scientifico", dall'Istituto Superiore di Sanità e dall'Inail (Istituto Nazionale per l'Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro), i quali ne capiscono di sanità, però non ne capiscono affatto di economia e di mercato. Però, la colpa non è di queste istituzioni; che, effettivamente, non sono tenute a capirne di economia e di mercato. La colpa è del governo Conte e dei ministri. Loro sì che sono tenuti a capirne. Infatti, già la chiusura aveva costretto al fallimento alcune piccole realtà della ristorazione. Però, adesso, le nuove misure a base di disinfezioni, sanificazioni, distanziamenti, divisori in plexiglas, mascherine (qualcuno ha inventato persino una maschera con tanto di cannuccia per consentire di bere e, forse, chissà, di nutrirsi di soli liquidi, senza levarsela) e guanti causano e causeranno un'ondata di fallimenti di attività a gestione familiare che non riescono e n on riusciranno più a tirare avanti. A prendere il posto di questi gestori, sono i cinesi, con una faccia di bronzo che lascia sbalorditi visto lo scandaloso comportamento del governo comunista; prima, durante e dopo la pandemia. Comportamento che include anche il dare pareri e lezioni non richieste. Un esercente cinese così parlava al Corriere del Veneto: “La Cina ha usato un metodo rigidissimo per l’isolamento della popolazione. Qui invece si consiglia la mascherina solo a chi è ammalato e noi, che veniamo da una cultura in cui la si mette anche per evitare un banale raffreddore, non ne capiamo il motivo.“. Noi, invece, capiamo che, evidentemente, la democrazia non fa parte della "loro cultura", quella comunista. L'Italia è e deve restare una democrazia; non abbiamo bisogno né di pareri, né di lezioni da uno stato e da un governo comunisti; non ci piacciono nemmeno quei "sinistrorsi" piddini e pentastellati che vorrebbero imitare lo stato comunista cinese;  e non vogliamo che venga imposta la museruola a nessuno. Però, c'è di più. Indubbiamente, le nuove misure di sicurezze sono delle direttive partorite da scienziati chiusi nell'idea della sicurezza più assoluta e completamente avulsi dalla realtà economica del Paese. Però, un governo degno di questo nome dovrebbe respingerle queste misure. E, l'attuale governo non è estraniato dalla realtà. Allora, ci diciamo, perché le accetta? Non sarà che, dopo la regolarizzazione degli immigrati, promossa dalla ministra delle politiche agricole alimentari e forestali,Teresa Bellanova (in quota al movimentino renziano Italia Viva), ci sarà la concessione del diritto di voto agli immigrati residenti? E, non sarà che i partiti del centrosinistra (PD, M5S, Italia Viva, Liberi e uguali) pensano alle comunità cinesi come prossimo serbatoio di voti? E, non sarà che i partiti del governo  auspichino, magari, l'acquisto massiccio di bar e ristoranti da parte delle comunità cinesi finanziate dal Dragone comunista? Sicuramente, sono soltanto delle ipotesi, almeno per il momento. Però, potrebbe essere uno scenario realistico. Tutto ci lascia pensare di sì.

mercoledì 13 maggio 2020

I primi drammatici effetti della "ripartenza" che non c'è



Purtroppo, insieme all'inesistente "ripartenza", cominciano gli effetti drammatici, drammaticissimi. E’ un vero e proprio dramma quello che stanno attraversando gli imprenditori in questi tempi in cui un governo, un Comitato tecnico-scientifico ed altre organizzazioni che non comprendono assolutamente niente di economia decidono dei destini delle loro imprese. Già piegati dagli errori dei precedenti governi Monti, Letta, Renzi e Gentiloni, adesso il governo Conte dà agli imprenditori il colpo più forte. Questa falsa "riapertura" a base di misure di sicurezza costosissime causa agli imprenditori (dopo la lunga, sbagliata chiusura e l'inservibile "decreto liquidità") un ulteriore danno economico da cui rialzarsi sarà impossibile. Finora, gli imprenditori hanno tentato di fare i conti e di tirare avanti, però, adesso, questa falsa "ripartenza" ed il prolungamento dello stato di emergenza hanno cancellato ogni speranza. I risultati sono, purtroppo, i suicidi degli imprenditori. L'Osservatorio ''Suicidi per motivazioni economiche'' della Link Campus University - Osservatorio permanente sul fenomeno delle morti legate alla crisi e alle difficoltà economiche avviato nel 2012 - pubblica oggi i dati aggiornati lanciando un severo allarme per il dramma che si sta consumando nel nostro Paese: ''quella che osserviamo - dichiara Nicola Ferrigni, professore associato di Sociologia generale e direttore dell'Osservatorio ''Suicidi per motivazioni economiche'' - è una tragedia nella tragedia in cui alle già tante vittime del Coronavirus occorre sommare i tanti, troppi suicidi legati agli effetti economici dell'emergenza sanitaria. I dati - prosegue il sociologo Ferrigni - sono impietosi: dall'inizio dell'anno sono già 42 i suicidi, di cui 25 quelli registrati durante le settimane della chiusura forzata; 16 nel solo mese di aprile. Questa ''impennata'' risulta ancor più preoccupante se confrontiamo il dato 2020 con quello rilevato appena un anno fa: nei mesi di marzo-aprile 2019, il numero delle vittime si attestava infatti a 14, e il fenomeno dei suicidi registrava la prima vera battuta d'arresto dopo anni di costante crescita''. Di pochissimi giorni fa la notizia dell’imprenditore Antonio Nogara, di Napoli, morto suicida attanagliato dalle preoccupazioni e dalle difficoltà di una crisi che in questi mesi di ”fermo” non aveva certo risparmiato la sua impresa, i dipendenti e le sue responsabilità come titolare d’azienda. Si è tolto la vita, impiccandosi nei capannoni della sua azienda, situata alla periferia est di Napoli, quando ormai aveva perso tutte le speranze: le notizie aveva contribuito a levargli ogni speranza, creandogli un malessere tale da non trovare alcuna soluzione. Ha lasciato una lettera d’addio per spiegare come il suo tragico gesto sia legato a motivi di natura economica. Racconta un amico al Corriere della Sera: “era un riferimento positivo. Se lo Stato non interviene prontamente, ci saranno altri casi come il suo. Per un imprenditore è dura sentirsi umiliato. Se ci sono le tasse ci devono essere anche gli aiuti concreti nel momento del bisogno”. Un altro caso straziante, dopo quello di Carmelo Serva, un ristoratore. A questi numeri, di per sé già spaventosamente significativi, vanno poi aggiunti anche quelli relativi ai tentati suicidi: 36 da inizio anno, 21 nelle sole settimane di chiusura forzata. Gli ultimi dati diffusi dall’Osservatorio alzano a 1.128 il totale dei suicidi legati a motivazioni economiche in Italia dal 2012 a oggi, e a 860 i tentati suicidi. Le vittime, secondo gli ultimi dati dell’Osservatorio, sono per lo più imprenditori: 14, sul totale dei 25 casi registrati nel periodo del blocco. Un numero raggelante che sottolinea, ancora una volta, e oggi con maggiore forza, la necessità di intervenire con misure e interventi a sostegno del tessuto imprenditoriale. “Pochi mesi fa il nostro Osservatorio rimarcava, in un contesto di fiducia dato dal generalizzato calo del numero dei suicidi, soprattutto tra disoccupati e precari, l’esigenza di un programma di politiche economiche più ampio e strutturato, capace di guardare in modo particolare alle imprese e agli imprenditori”. “Oggi più che mai questa esigenza diventa stringente – conclude Nicola Ferrigni – non solo per ricostruire il nostro Paese e per far ripartire l’economia, ma anche per prevenire quella che si sta delineando come una strage silenziosa, di cui le principali vittime sono gli imprenditori in difficoltà”. Lo abbiamo già scritto, lo riscriviamo e lo riscriveremo: se non si vuole giungere ad una crisi irrisolvibile, sono indispensabili sia un governo che abbia la fiducia dei mercati che l'abrogazione di tutte le misure eccessivamente stringenti di sicurezza che bloccano la ripresa economica.